Gli esports hanno avuto una crescita eccezionale negli ultimi anni: i ricavi del comparto hanno superato il miliardo di dollari lo scorso anno, a fronte di una crescita che passa da investimenti, sponsor, organizzazioni, e così via. Il calcio è stato uno dei primi mondi a sfruttare l'onda del gaming, e non poteva essere altrimenti: mettere insieme la popolarità di un videogioco calcistico e l'aspetto competitivo direttamente coltivato dalle società professionistiche era un'occasione troppo ghiotta. E l'Italia viaggia forte su questo campo, poiché si tratta di una forma di intrattenimento entrata stabilmente nelle logiche della Lega di Serie A, che organizza anche il torneo dei videogiochi, e dei singoli club, presenti in massa.
I match si giocano su Fifa 23, il titolo calcistico più famoso, nella sua modalità più nota, Ultimate Team. La eSerie A è uno dei tornei nazionali più seguiti nell'ambito del gaming calcistico, con 53mila follower su Twitch, 14mila in più del suo competitor principale, la Liga. Quest'anno le live sono state seguite da una media che ha oscillato tra i 7 e gli 8mila utenti unici, con picchi di spettatori di 20mila, un aumento addirittura del trenta per cento rispetto alla prima edizione che risale a due anni fa.
E proprio come i club di calcio, anche le sezioni esports creano nuove professioni. Ormai è scontato che oggi qualsiasi player abbia un allenatore/analyst, che lo consiglia su come giocare, su come adattarsi all'avversario, ma anche sul sostegno psicologico nel corso delle partite, con mental coach che sono figure sempre più presenti, così come i fisioterapisti, a maggior ragione per uno sport che si "gioca" da seduti.
Eh sì, il mondo competitivo dei videogiochi Fifa assomiglia tantissimo ai meccanismi del calcio, nelle competizioni come nelle dinamiche. In attesa della Final Eight di metà aprile, con l'auspicio che possa essere un volano per la ripresa del calcio reale.
Valerio Fabbri