Il caso di Beauty, la ragazza nigeriana di 25 anni colpita con calci e pugni dopo aver chiesto di essere pagata per le ore lavorate superiori a quelle previste dal contratto, deve aiutare a far luce su una questione ben più ampia di discriminazione nei confronti delle donne. Secondo la ricerca LEI realizzata dalla Fondazione Libellula, cultura contro la violenza sulle donne e la discriminazione di genere, il 55% delle oltre 4300 lavoratrici intervistate si dichiara vittima di discriminazione sul lavoro. Mentre sull'agghiacciante episodio accaduto in Calabria indagano i Carabinieri, l'indagie LEI - acronimo di Lavoro, Equità e Inclusione, i principi che hanno ispirato l'iniziativa - fotografa una situazione che richiama tempi ormai superati.
Battutine, discriminazioni, molestie, condizioni sfavorevoli di crescita professionale: sono questi i termini che centinaia di donne hanno utilizzato per descrivere la loro esperienza lavorativa. Le difficoltà sono amplificate dal fatto che, non sempre, le lavoratrici riescono a superare questi ostacoli o a denunciare il problema sul luogo di lavoro. La vicenda di sopraffazione e violenza di Beauty sarebbe rimasta ignota, come molto probabilmente è accaduto in tante altri situazioni simili, se la donna non avesse ripreso in diretta alcune fasi dello scontro prima verbale e poi fisico.
Secondo i dati raccolti dalla ricerca LEI, il 22% delle lavoratrici intervistate ha dichiarato di aver avuto contatti fisici indesiderati, e il 53% ha subito complimenti espliciti non graditi. Le conseguenze si riflettono in una limitazione del proprio comportamento per paura che possa essere male interpretato o portare a conseguenze negative. Il 58% delle donne intervistate, infatti, non reagisce efficacemente di fronte ad una molestia, di queste il 38% non vuole passare come una persona troppo aggressiva o "quella che se la prende", mentre l'11% non sa come fare. Un problema culturale ormai insito all'interno del contesto professionale italiano che necessita di un profondo e continuo lavoro di educazione e sensibilizzazione.
Valerio Fabbri