Quasi 20 mila lavoratori, 260 punti vendita, migliaia di rapporti con fornitori e indotto. Sono i numeri della contestata e attualmente ancora incerta operazione di acquisizione di tutti i punti vendita del gruppo francese Auchan in Italia da parte di Conad.
L’accordo, nell’aria da qualche mese, è stato formalizzato a inizio ottobre e qualche insegna è già stata cambiata, ma crescono le preoccupazioni soprattutto per quanto riguarda le conseguenze sull’occupazione. Il processo di accorpamento delle due strutture della grande distribuzione potrebbe essere molto doloroso per indipendenti, soprattutto per i punti vendita più piccoli.
In assenza di un piano industriale certo, i sindacati hanno minacciato di bloccare l’accordo e hanno già indetto una giornata di sciopero il 30 ottobre, in concomitanza con l’apertura di un tavolo di confronto al ministero italiano dello sviluppo economico a Roma, per affrontare un’operazione che rischia di pesare sull’intero sistema occupazionale e della distribuzione della penisola.
“Le cifre sono imponenti – dice Marco Marroni, segretario nazionale della Uil Tucs -: Auchan ha ceduto a Conad complessivamente 260 punti vendita circa tra supermercati e ipermercati, che occupano direttamente circa 18000 persone, divise a metà tra supermercati e ipermercati, Poi c'è l'indotto, cioè la logistica, i servizi. e sono altre migliaia di persone. Siamo intorno alle 20 mila persone coinvolte complessivamente”.
I vostri timori riguardo a tutti questi lavoratori quali sono?
“Conad attualmente ha indossato i comodi panni del cavaliere bianco che ha salvato un'azienda dalla dal crollo: che Auchan non andasse bene lo sapevamo da molti anni, e abbiamo anche dovuto pagare dei prezzi per questo problema. L'impressione che abbiamo però è che Conad abbia innanzitutto pensato a prendersi i 109 punti vendita che meglio si integrano nella sua rete, ossia quelli che vanno bene, e questo logicamente peggiorerà l'andamento dei restanti, all'incirca 150 punti vendita, per i quali le prospettive sono tragiche. Da qui a un anno dovranno chiudere il primo conto economico, e se prima Auchan perdeva un milione al giorno, grosso modo, con i 109 punti vendita migliori, quando quei 109 non ci sono più le perdite ammonteranno a 500-600 milioni all'anno. La cifra è insostenibile, e temiamo di doverci trovare da qui a un anno a dover gestire la chiusura di gran parte di quella rete, perché non hanno ancora dato alcuna risposta sulle garanzie occupazionali e sulla tenuta della rete. A dire la verità non ce l'hanno date nel pure sugli altri 109 negozi le garanzie occupazionali, cosa che ci ha impedito di firmare qualsiasi accordo di trasferimento. Le prospettive per il futuro non sono certo buone: a noi risulta che loro abbiano chiesto in giro se c'era qualcuno disposto a rilevare i punti vendita di Auchan, ma naturalmente i concorrenti aspettano di vederseli cadere tra le mani, non è che se li vanno assorbire adesso, quando la condizione che gli viene posta è quella di assumere tutti, e assorbire il personale. Dire che siamo preoccupati è dire poco: si sono migliaia di persone, soprattutto negli ipermercati in aree come la Campania, la Sicilia e il mezzogiorno, o Roma, che rischiano brutalmente il posto di lavoro, e non ci sono molte soluzioni alternative”.
Voi avete indetto uno sciopero nazionale il 30 ottobre: come intendete affrontare la situazione?
“Abbiamo un incontro il 30 al Mise, e per questo abbiamo programmato lo sciopero quel giorno, con presidio sotto al Ministero dello Sviluppo Economico. È necessario prima di tutto capire quanto può mettere sul piatto Conad in termini di risorse finanziarie per cercare di rilanciare il resto della rete: temiamo sia molto poco.
“In secondo luogo, loro si erano impegnati e ci hanno comunicato che avrebbero ridiscusso gli affitti dei punti vendita con i titolari degli immobili: a prescindere dal fatto che gran parte dei muri degli ipermercati sono di proprietà di Conad, per cui non dovrebbero avere problemi a discutere con se stessi, con la società che ha acquisito gli immobili degli ipermercati di cui loro sono soci, vorremmo sapere quali risposte hanno avuto, perché temiamo che molti proprietari di immobili abbiano semplicemente detto, ‘grazie, ma non siamo disposti a ridurci il canone di locazione’”.
“In terzo luogo, loro hanno parlato di ridurre la superficie di vendita degli ipermercati, cedendo ad altri operatori le superfici eccedenti. A prescindere dal fatto che bisogna vedere quali sono gli operatori disponibili a entrare, ma gli ipermercati sono situati in centri commerciali che hanno siglato degli accordi di esclusiva con altre aziende: non è che tu dici ‘ti trasformo 3000 metri quadri d’ipermercato in una superficie tessile’, e magari il Coin o la Zara che sono presenti in quel centro commerciale dicono ‘sì,sì mi fa piacere’. È evidente che la cosa non è così banale o così facile.”
“Siamo fortemente preoccupati: qui c'è un problema di grande distribuzione, di commercio al dettaglio che in crisi da anni, perché non c'è solo Auchan, c’è anche il Mercatone Uno di cui si sente parlare, il problema strisciante dell'elettronica di consumo, che viene messa in crisi nera dall’e-commerce, e altre strutture commerciali. Sarebbe necessario un piano generale complessivo per permettere la ristrutturazione del settore. Quello che è certo è che Conad non è in grado di farlo, e l'impressione che ha dato e che si vuol prendere quello che di buono c'è, che poi il resto vada dove deve andare.”
“Sarebbe opportuno anche che si discutesse in sede politica: a me dispiace sembrare il solito sindacalista che chiede a Pantalone di risolvere i problemi dei lavoratori iscritti al sindacato, o dei lavoratori in generale, però sono vent'anni che come contribuente io salvo Alitalia. Dopo i 350 milioni di marzo, sono stati stanziati altri 350 milioni per tenere in piedi Alitalia per altri 3-4 mesi, mentre sul commercio, che coinvolge un milione e 800 mila dipendenti, e su un’impresa come Auchan, che coinvolge quasi il doppio di quanto è rimasto in Alitalia, il Governo è assolutamente latitante. Noi chiediamo non di avere i soldi, come chiedono e riescono ad avere i nostri colleghi dei trasporti per i dipendenti di Alitalia, non chiediamo neanche i prepensionamenti, ma un piano straordinario d’intervento e di misure per gestire questa situazione di crisi complessiva, che riguarda milioni di persone, credo che sarebbe necessario”.
Alessandro Martegani