Ci è voluta quasi tutta la notte per raggiungere un accordo al Consiglio dei ministri sul decreto semplificazioni, uno dei provvedimenti chiave per favorire la ripresa dell’economia nella fase post Covid in Italia.
Il premier Giuseppe Conte lo aveva definito "la madre di tutte le riforme”: una cinquantina di articoli, che dovrebbero semplificare l’avvio degli investimenti pubblici, e che il governo ha affrontato alla vigilia di una visita in Portogallo e Spagna, in cui Conte dovrà affrontare la partita dei fondi del Recovery fund.
Settimane di trattativa e confronto non sono però bastate, e il Consiglio dei ministri, iniziato alle 23, ha richiesto altre sei ore per il via libera, giunto comunque con la formula “salvo intese”, che lascia la porta aperta a nuove modifiche e che, nonostante il lungo lavoro di preparazione, la maggioranza non è riuscita ad evitare.
Uno dei punti critici era la disciplina dell'abuso d'ufficio, su cui Italia Viva ha espresso delle riserve: con le nuove regole sarà punibile chi viola "specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge”, una norma più larga rispetto a quella attuale secondo cui incorre nell’abuso d'ufficio chi si procuri un vantaggio violando "norme di legge o di regolamento".
A dividere Movimento 5 Stelle e Italia Viva da un lato, Pd e Leu dall'altro, anche le soglie per gli appalti, e le norme che riguardano le autorizzazioni per l'edilizia e le opere pubbliche da affidare a commissari: non è passato inosservato il fatto che l’elenco delle opere da sbloccare non è stato inserito nel testo del decreto e che ci sarà tempo fino a fine anno per nominare i commissari.
Alessandro Martegani
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