È ancora presto per fare delle previsioni, le circoscrizioni devono ancora essere ridisegnate, ma le preoccupazioni della comunità slovena in Italia dopo il taglio dei parlamentari sancito dal voto della Camera sono concrete.
I parlamentari eletti nella regione, secondo le prime stime passano infatti da 20 a 12: i deputati passano da 13 a 8, e i senatori da 7 a 4. Numeri che mettono in serio dubbio la possibilità che nel prossimo parlamento ci sia un rappresentante della comunità slovena: ben difficilmente infatti i partiti sacrificherebbero uno dei pochi posti disponibili per dare alla comunità slovena un posto, anche perché in Friuli Venezia Giulia sembra difficile avere perfino un senatore d’opposizione.
Preoccupazioni condivise anche da Tatjana Rojc, senatrice del Pd ed esponente della comunità slovena in Italia, molto scettica sul provvedimento: “Prima di tutto il taglio dei parlamentari così come è stato strutturato è un taglio fine a sé stesso - dice - perché non c'è dietro una riforma strutturale del bicameralismo perfetto, che sarà molto difficile da attuare. Seconda cosa a mio avviso è anticostituzionale: questo taglio dei parlamentari rappresenta un grosso vulnus alla rappresentanza territoriale al Senato ad esempio. La regione Friuli Venezia Giulia si vede tagliare i senatori, che da 7 passano a 4, mentre i Deputati da 13 che diventano 8. Questo vuol dire che la rappresentanza del territorio sarà molto complessa. In più c'è l'aggravante che con questa nuova riforma, ed è per questo che io ieri avrei votato contro come ho già votato al Senato si nega la possibilità alla minoranza nazionale slovena di eleggere un proprio rappresentante in Parlamento, come invece previsto dalla Costituzione, dalla legislatura vigente, come previsto dai Trattati internazionali. Qui siamo palesemente di fronte a un vulnus nei confronti degli sloveni in Italia, ma non solo degli sloveni evidentemente, anche della minoranza francofona in Valle d'Aosta e della minoranza tedesca, che poi sul territorio non è minoranza ma è maggioranza. Noi siamo come sloveni in Italia siamo quelli più a rischio di non vederci più rappresentati, cosa che io reputo estremamente grave”.
L’accordo fra Pd e 5 Stelle prevede che ora si faccia una nuova legge elettorale: secondo lei c'è una possibilità che all'interno della nuova legge elettorale ci sia un un meccanismo di rappresentanza delle minoranze linguistiche?
“Il seggio garantito non è previsto in Italia a differenza della Slovenia, ma l'articolo 26 della legge per la tutela della minoranza slovena 38 del 2001 parla di una facilitazione nel contesto della rappresentatività parlamentare. Abbiamo avuto modo di leggere il documento che è stato firmato da tutte le forze di maggioranza di governo prima della votazione, e si fa esplicito riferimento alla necessità di una nuova legge elettorale che preveda anche una garanzia per le minoranze linguistiche. Su questo adesso stiamo lavorando anche con gli esperti: io stessa già da tempo ho chiesto un parere tecnico al costituzionalista Giuliano Salberini del CNR sulle possibilità che si hanno, rebus sic stantibus. Naturalmente con questo taglio dei parlamentari la questione si pone in maniera ancora più complessa, e quindi vediamo come sarà possibile introdurre nella legge elettorale i termini per rispettare questa necessità”.
Ma a parte la sua sensibilità personale alla questione, nel PD c'è attenzione su questo tema?
“Assolutamente: il riferimento alle minoranze linguistiche in questo documento è stata voluta fortemente dal Partito Democratico, che ringrazio. Io ne ho parlato naturalmente con i miei colleghi, col presidente Marcucci, con il senatore Parrini che è capogruppo ed esperto costituzionalista, e ovviamente sono pronti a sostenere questa necessità in maniera fattiva e, per quanto possibile ovviamente, nel contesto della legislatura vigente”.
Il deputato Roberto Giachetti votando sì alla riforma, ha già detto che però sosterrà il referendum contro il taglio, una dichiarazione che ha fatto molto discutere. Se ci fosse un referendum lei lo sosterrebbe?
“È difficile che il referendum si faccia perché ovviamente c'è un problema anche di costituzionalità: in ogni caso quando si dà la parola agli elettori, c'è sempre il rischio che non ci sia una grande comprensione della domanda, però il popolo è sovrano. Io direi di attendere l'evolversi degli eventi, e poi discutere: potrei dare un'opinione dopo aver visto il testo del referendum che eventualmente fosse proposto all'elettorato”.
Alessandro Martegani