Sulle spiagge italiane il governo Meloni sembra costretto a fare marcia indietro. Nonostante la proroga delle concessioni dell’uso delle spiagge agli attuali titolari fosse uno dei punti del programma di governo, e lo stesso esecutivo si fosse espresso chiaramente per la proroga, Bruxelles non sembra disposta a trattare sulla necessità, espressa già da anni, di riassegnare le concessioni tramite gare europee per tutelare la concorrenza e la parità di condizioni.
La Corte di giustizia europea, esprimendosi su una vertenza che coinvolge l'Autorità italiana garante della concorrenza e il comune di Ginosa, nei pressi di Taranto, ha esaminato la legge italiana che prevede la proroga automatica delle concessioni balneari, e ha ribadito che “le concessioni di occupazione delle spiagge italiane non possono essere rinnovate automaticamente, ma devono essere oggetto di una procedura di selezione imparziale e trasparente”. “I giudici nazionali e le autorità amministrative” italiane, ha aggiunto, “sono tenuti ad applicare le norme pertinenti” del diritto europeo, “disapplicando le disposizioni nazionali non conformi”.
I giudici europei sembrano quindi mettere all’angolo il governo italiano, che puntava a trascinare ulteriormente una vicenda innescata nel 2006 dalla direttiva Bolkestein, direttiva che si applica, dicono i giudici, “a tutte le concessioni di occupazione del demanio marittimo” che devono essere ispirate da “parametri obiettivi, non discriminatori, trasparenti e proporzionati”. “Il divieto di rinnovare automaticamente un'autorizzazione” concludono, è “enunciato in modo incondizionato e sufficientemente preciso dalla direttiva".
Parole che troncano ogni possibilità di proroga, peraltro già cassata dal Consiglio di Stato in Italia, e probabilmente costringeranno il governo fare marcia indietro per evitare d’incorrere in sanzioni da parte della Commissione europea. La questione è stata affrontata in un incontro a Palazzo Chigi tra il Commissario con delega al Mercato Interno Thierry Breton, e la stessa Giorgia Meloni, che sembra disposta a mettere a gara le concessioni, affrontando però la reazione dei gestori.
La Commissione in ogni caso non è disposta ad attendere oltre e dovrebbe emettere un parere motivato, dando a Roma due mesi di tempo per conformarsi alla richiesta, dopodiché potrà chiedere alla Corte di Giustizia di avviare un procedimento d’infrazione.
Alessandro Martegani
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