Sono sempre più tesi i rapporti fra Atlantia, la società che fa capo alla famiglia Benetton e controlla autostrade per l’Italia, e il governo italiano.
Sono lontani i tempi in cui sembrava concluso l’accordo di passaggio della società a Cassa depositi e prestiti e, dopo una serie di contatti e passi indietro, Atlantia ha comunicato di voler avviare la vendita dell'intera quota dell'88 per cento del capitale tramite un “processo competitivo”, vale dire la messa sul mercato al miglior offerente e non solo per Cassa depositi e prestiti, o, in alternativa, la scissione parziale di Autostrade.
Nemmeno l’incontro fra il numero uno della holding dei Benetton, Carlo Bertazzo e i vertici di Cdp aveva trovato al via per un accordo. Atlantia in una nota ha espresso l’auspicio che i contrasti con Cassa depositi e prestiti possano essere quanto prima superati, ma ha anche confermato che “la vendita dovrà avvenire a condizioni di mercato e nel rispetto di tutti gli azionisti”.
A premere per la vendita sul mercato sono soprattutto i soci di Autostrade come Allianz o il fondo sovrano cinese Silk Road, e di Atlantia, che non intendono fare trattamenti di favore o sconti al governo italiano, o perdere soldi nella transazione.
In ballo anche la questione degli eventuali risarcimenti che potrebbero arrivare dalle cause per il crollo del ponte Morandi, che per Cassa depositi e prestiti rimarrebbero a carico della vecchia proprietà mentre per i Benetton verrebbero ereditati dai nuovi proprietari.
Attualmente la distabnza fra le parti sarebbe incolmabile, tanto da far ritornare sul tavolo la possibilità della revoca delle concessioni, soluzione invocata dai 5 Stelle subito dopo il crollo del Morandi, che però svuoterebbe di valore la società.
Alessandro Martegani
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