Molti l’hanno già definito come il primo passo falso di Matteo Salvini da quando è alla guida della Lega. La decisione di staccare la spina al governo gialloverde e aprire la crisi sembra in effetti essere sfuggita di mano al leder della Lega, contestato da parte degli elettori e della base del partito, criticato all’interno per non aver preso una decisione subito dopo le europee, indeciso sul da farsi tanto da non ritirare i propri ministri e attendere che Giuseppe Conte prendesse l’iniziativa di dare le dimissioni.
Le elezioni a ottobre, un risultato che sembrava certo fino a poche settimane fa, potrebbe anche sfuggire al “Capitano”, trasformando il primo obiettivo di Salvini, capitalizzare il consenso di cui gode nel paese, più del 30 per cento secondo i sondaggi contro il 17 dei seggi attualmente occupati dai parlamentari leghisti, in un inatteso passaggio all’opposizione con tempi tutti da definire se si concretizzasse l’accordo fra Pd e 5 Stelle
I dubbi del leader della Lega sono apparsi evidenti nella replica al Premier Conte al Senato: attaccato duramente sul merito delle sue decisioni da Conte, Salvini si è accontento di un generico riferimento al partito dei No, e all’Europa che ostacolerebbe lo sviluppo dell’Italia, senza contrattaccare, apparendo inadeguato.
Il “Capitano” è apparso più a suo agio nei comizi di piazza, e ha reagito accusando gli ex alleati di puntare solo alle poltrone, sfidando i 5 Stelle sul terreno della legge di bilancio che al Lega avrebbe già pronta, ma l’apertura fatta ai 5 Stelle, prima al Senato e poi dopo il colloquio con il Capo dello Stato, ha alimentato l’impressione che il leader delle Lega abbia perso il controllo della situazione; perfino i sempre più frequenti riferimenti religiosi sono apparsi a volte eccessivi.
Un clima che avrebbe anche determinato i primi malumori nel partito nella sua gestione: le divisioni con il numero due Giancarlo Giorgetti, nonostante le smentite, sono concrete, e la decisione di Salvini di ribadire, dopo le consultazioni, l’unità della Lega, ha dato l’impressione del bisogno del leader di rassicurare sul controllo del partito.
Salvini si trova al primo reale bivio della sua carriera alla guida del Carroccio: le elezioni a ottobre potrebbero consacrarlo come leader del primo partito e anche della destra in Italia, e portarlo a Palazzo Chigi, il suo obiettivo fin dall’Inizio, ma un governo Pd 5 Stelle, soprattutto se di legislatura, rappresenterebbe l’evidenza della mossa sbagliata e farebbe perdere alla Lega una posizione di favore un’influenza determinante per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica. Anche per questo un ritorno con gli ex alleati sarebbe ora un’ipotesi accettabile per il leader leghista.
Alessandro Martegani