Lo sciopero si è fermato dopo una sola giornata, grazie alla trattativa avviata in extremis, ma la tensione fra le organizzazioni dei benzinai e il governo rimane comunque alta.
I sindacati dei gestori degli impianti, Fegica, Figisc e Faib Confesercenti, avevano proclamato lo sciopero contro i provvedimenti del governo, che aveva fra l’altro più o meno indirettamente accusato gli stessi gestori di essere responsabili dell’aumento dei prezzi a causa di speculazioni, ma hanno deciso di interrompere la protesta per non creare ulteriori disagi agli utenti, dicendo però chiaramente che le risposte giunte dopo l’incontro al Ministero dello sviluppo economico non sono sufficienti. "Uno degli obiettivi fondamentali, vale a dire ristabilire la verità dopo le accuse false e scomposte verso una categoria di lavoratori, - hanno detto - è stato abbondantemente raggiunto”, ma non c’è ancora un testo definitivo di riforma del settore su cui discutere.
Un provvedimento dovrebbe arrivare sul tavolo della riunione già fissata per l’8 febbraio, ma i gestori si attendono di poter correggere subito alcuni punti contestati del “decreto Trasparenza”, come l'esposizione del cartellone con il prezzo medio regionale dei carburanti, che sarebbe un ulteriore costo per i gestori pur rappresentando uno strumento di confronto per gli utenti, e le sanzioni in caso di inadempienza. Il nuovo emendamento punta a ridurre le sanzioni e a sostituire i cartelli con il prezzo medio con un codice Qr, meno costoso per i gestori.
La mobilitazione quindi rimane in piedi, hanno ammonito i benzinai, che però non sono uniti nella protesta, che aveva visto l’adesione di più di 12mila impianti sui 22mila totali, ma che viene considerata un flop dall'Angac, l’associazione dei gestori autonomi, mentre le organizzazioni dei consumatori continuano a chiedere al Governo interventi sulla trasparenza da parte delle compagnie petrolifere.
Alessandro Martegani