Sul filo di lana, ma alla fine ArcelorMittal, e i commissari straordinari dell’ex Ilva hanno raggiunto un primo accordo: nel giorno dell'udienza fissata al Tribunale di Milano dopo la decisione del gruppo franco indiano di lasciare la gestione degli impianti in Italia, le due parti hanno raggiunto un'intesa per avviare una trattativa e rivedere il contratto originario di affitto e vendita degli stabilimenti.
Un raggio di luce in una vicenda innescata dalla decisione del Parlamento di revocare lo scudo fiscale, e dal conseguente annuncio di Arcelor Mittal di lasciare nonostante l’accordo siglato.
L’Intesa non è ancora la soluzione alla vicenda, che aveva opposto il gruppo al governo italiano che chiedeva il rispetto degli accordi, ma perlomeno si riparla del rilancio del polo siderurgico con base a Taranto.
Il documento fissa anche una data, il 31 gennaio, entro cui trovare un accordo vincolante sul rilancio del polo siderurgico pugliese, e cita esplicitamente la volontà di preservare il business e gli attuali livelli di occupazione. Il piano industriale mira a produrre circa 8 milioni di tonnellate di acciaio entro il 2023.
In un nota ArcelorMittal ha fatto sapere che il nuovo piano industriale "prevede investimenti in tecnologia verde da realizzarsi anche attraverso una nuova società finanziata da investitori pubblici e privati". L’amministratore delegato di Mittal, Lucia Morselli, ha detto che l’azienda “farà il possibile per continuare nella produzione, anche se non potrà mantenere gli impegni sulla capacità produttiva”, dopo il blocco dell’altoforno due, deciso dal giudice di Taranto.
L’accordo ha fatto tirare un sospiro di sollievo al governo, che ha autorizzato la firma, ma ha anche incontrato i dubbi dei sindacati, che nei giorni scorsi avevano escluso di poter trattare su richieste di esuberi e chiesto il rispetto degli accordi, e ora giudicato “grave” il fatto che non ci sia stato il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali.
Alessandro Martegani