Si tratta di una consultazione che potrebbe cambiare il meccanismo e i volti della politica italiana, ma è anche quella su cui i partiti politici italiani hanno avuto la maggior difficoltà nel prendere posizione.
A tre settimane dal referendum costituzionale che dovrà confermare o meno la legge che taglia da 945 a 600 il numero dei parlamentari italiani, l’unico partito politico che ha preso dichiaratamente posizione, invitando a votare sì alla riforma, è il Movimento 5 Stelle, che ha presentato e fatto approvare per ben quattro volte dal Parlamento il testo, e ora attende per incassare il maggior risultato della legislatura per il Movimento fondato da Beppe Grillo.
Per tutti gli altri il tema del taglio dei parlamentari rimane molto difficile da maneggiare: Perfino per la Lega, che ha votato a favore per quattro volte in Parlamento, l’entusiasmo sul taglio dei parlamentari sembra essere calato, tanto da dare libertà di coscienza ai propri elettori, anche se Matteo Salvini ha annunciato il suo “sì”. Un atteggiamento replicato anche da altre forze politiche, come Forza Italia, che è profondamente divisa sul tema, con esponenti dichiaratamente contrari e altri che sembrano non volersi sbilanciare, sapendo che la vittoria dei “sì” sarebbe immediatamente cavalcata dal Movimento 5 Stelle. Fratelli d’Italia ha chiesto invece di votare “sì”.
Se da una parte infatti il taglio dei parlamentari è una bandiera molto popolare, il simbolo di un attacco alla cosiddetta casta, dall’altra presenta reali criticità, come l’aumento del rischio di avere maggioranze diverse fra Camera e Senato o la riduzione della rappresentatività del Parlamento, senza contare i timori dei singoli parlamentari di non essere più ricandidati dopo la riduzione dei posti disponibili.
Anche il Pd è in difficoltà, dopo aver votato prima contro e poi a favore, e chiede riforme alla legge elettorale e alla Costituzione per fare campagna per il “sì”. Un impegno che il Movimento 5 stelle si è detto pronto a rispettare, ma che appare difficile assolvere prima del voto con sole tre settimane a disposizione.
Dubbi, riserve, indecisioni, che hanno portato alla campagna referendaria più assopita della storia della Repubblica: il dibattito stenta a decollare, coperto addirittura da quello sulle amministrative in cinque regioni. Le forze politiche non forniscono né indicazioni né spiegazioni, agli elettori che dovranno decidere su un aspetto fondamentale per la gestione del paese nei prossimi decenni.
Alessandro Martegani