Carlos Tavares (Foto: Reuters)
Carlos Tavares (Foto: Reuters)

Più di otto punti persi in borsa, con una quotazione mai così bassa dal luglio del 2022, e un futuro, nonostante i comunicati rassicuranti da parte del presidente di Stellantis, John Elkann, ancora tutto da ricostruire.
Le dimissioni di Carlos Tavares, amministratore delegato della società che controlla quasi la totalità della produzione del settore auto del gruppo Exor, controllato dalla famiglia Agnelli, sembrano aver segnato una sorta di spartiacque nella storia della società, con conseguenze ancora tutte da valutare.
Le dimissioni sono state confermate ieri sera a causa di divergenze con il resto del consiglio di amministrazione: al posto di Tavares si è insediato un comitato esecutivo guidato dal presidente Elkann, che dovrà trovare un successore dell’amministratore delegato, che aveva preso il controllo di Stellantis nel 2020, in seguito alla fusione tra Fiat-Chrysler e Peugeot, e nei piani avrebbe dovuto mantenere la carica fino al 2026.

Foto: EPA
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A segnare la fine del rapporto fra Tavares (il manager più pagato al mondo nel settore dell'industria dell'auto), sono stati i risultati, che hanno deluso le attese: vendite in ristagno, perdita di quote di mercato, ma anche difficoltà nella transizione ecologica, ricorso alla cassa integrazione in molti stabilimenti, fino ai rapporti complicati con il governo italiano, avevano portato a un allontanamento fra il manager di origine portoghese, ma francese di adozione, e il resto della dirigenza di Stellantis. Tavares, 66 anni, non era riuscito a replicare i risultati che aveva ottenuto con il gruppo Peugeot, e l’esito, atteso, anche se non in questo momento, era inevitabile. “Nelle ultime settimane – ha detto il presidente Elkann in una nota - sono emerse vedute differenti che hanno portato il Consiglio e il ceo alla decisione di oggi". Ad accelerare il momento dell’addio sarebbe stata l’intenzione di Tavares avviare subito un’operazione di risanamento dei conti dopo l’andamento negativo delle vendite in America.

Foto: Fiat
Foto: Fiat

La decisione getta nuova incertezza sul futuro di uno dei maggiori gruppi europei e mondiali nel settore dell’automotive, circostanze che hanno fatto calare il titolo in borsa e alimentato le richieste da parte del mondo politico italiano di un’audizione del presidente Elkann in Parlamento, per spiegare quale sia il futuro di Stellantis. Tavares, fra l’altro, sembra essere comunque riuscito in un’impresa quasi impossibile: metter d’accordo le forze politiche italiane, tutte, sia pur con motivazioni e accenti diversi, favorevoli all’addio dell’amministratore delegato, vuoi per tutela degli intessi nazionali, come Fratelli d’Italia, vuoi per difesa dei livelli occupazionali, come i partiti di centro sinistra, vuoi per una critica al piano industriale della società, come i 5 Stelle.
Molto critici anche i sindacati: "Le dimissioni di Carlos Tavares - ha detto il segretario generale Fim Cisl, Ferdinando Uliano - rappresentano un momento di svolta per l'azienda e per il settore automobilistico italiano. Negli ultimi mesi ci siamo trovati di fronte a un peggioramento tangibile della situazione produttiva, con volumi in calo e impatti negativi sull'occupazione, aggravati dal crescente ricorso agli ammortizzatori sociali”.
Da più parti è giunta una sollecitazione a trovare rapidamente un successore per dare certezza alla società, ma il comitato esecutivo non sembra avere fretta e per ora ha preso tempo fino la metà del prossimo anno.

Anche il presidente della Regione Fvg Massimiliano Fedriga ha commentato l'addio di Tavares, affermando che "Le possibili ripercussioni occupazionali c'erano con l'attuale amministratore delegato di Stellantis: mi auguro - ha aggiunto - che ora possa cambiare qualcosa e che questo si abbini a una nuova politica europea che possa valorizzare le produzioni europee stesse e non consegnare le nostre produzioni a paesi terzi".
Questa politica europea. ha concluso, "è stato un problema di visione strategica che in molti casi ha condannato la propria impresa e la propria industria: su questo serve un profondo ripensamento".

Alessandro Martegani