Confine tra Gran Bretagna e Irlanda Foto: Reuters
Confine tra Gran Bretagna e Irlanda Foto: Reuters

La Brexit si avvicina sempre di più. Il divorzio scatterà il 29 marzo del 2019, questo significa che il regno Unito abbandonerà l'Unione europea esattamente tra un anno e quasi tre anni dopo il referendum del 23 giugno 2016. Le trattative sulle future relazioni tra Londra e Bruxelles vanno avanti frenetiche, ma nei fatti sono davvero pochi i passi avanti che sono stati fatti.

La premier Theresa May ha chiesto tempo per fare in modo che l'economia dellisola si adattasse alla nuova soluzione e per questo tra un anno scatterà i periodo di transizione in cui quasi tut resterà uguale anche se formalmente la Gran Bretagna non sarà più un paese membro dell'Ue.

L'accordo raggiunto finora

A dicembre scorso è stato raggiunto un accordo iniziale fra Londra e Bruxelles sulle tre priorità relative al divorzio: il conto d'uscita che il Regno Unito dovrà pagare; la questione del confine dell'Irlanda; e i diritti dei cittadini, cioè sia degli europei che vivono nel Regno Unito e che britannici che vivono negli altri Paesi Ue.

Il conto del divorzio

Per quanto riguarda l'accordo finanziario, Londra ha acconsentito a versare la sua quota per il bilancio Ue fino alla fine del 2020, il che significa fino alla fine del periodo finanziario di 7 anni le cui linee guida ha contribuito a definire votandolo quando era ancora un membro dell'Unione. “Non ci si può alzare dal tavolo dop aver ordinato senza pagare”, hanno ribadito più volte i vertici dell'Unione. Londra ha anche promesso di rispettare gli impegni presi in passato e non ancora pagati, portando di fatto la cifra fra 39 e 44 miliardi di euro.

I diritti dei cittadini

Quanto ai diritti dei cittadini, il capitolo su cui è stato più facile finora trovare un accordo, il patto prevede che i cittadini Ue che vivono nel Regno Unito e i britannici che abitano in altri Paesi Ue da prima del divorzio effettivo potranno chiedere lo status di residenti permanenti per loro e le loro famiglie e mantenere gli stessi diritti che avevano in passato.

La questione irlandese

Molto più dura invece trovare una soluzione al problema irlandese. Londra si è impegnata a evitare un 'confine rigido' con posti di blocco fra la regione britannica dell'Irlanda del Nord e l'Irlanda, che è Stato membro dell'Ue in quanto tutte le parti ritengono che questo sia fondamentale per mantenere gli Accordi di pace del venerdì santo che risalgono al 1998. La premier britannica Theresa May ha ammesso che la proposta Ue secondo cui l'Irlanda del Nord potrebbe restare nell'unione doganale con l'Ue dopo la Brexit potrebbe essere una soluzione possibile, ma gli Unionisti (grazie ai cui voti May è al governo) non vedono la cosa di buon occhio, ritenendo questo status speciale un inizio di riunificazione dell'isola. I leader Ue aspettano proposte concrete dalla controparte e le valuteranno nel Consiglio europeo di giugno.

Il periodo di transizione

Per quanto riguarda poi il periodo di transizione il Regno Unito continuerà a versare denaro nelle casse del budget Ue come previsto, commerciare alle stesse condizioni e accettare regole e regolamenti Ue. Inoltre dovrebbe garantire a qualunque cittadino Ue arrivi nel Paese in quegli anni gli stessi diritti di coloro che sono arrivati prima, anche se l'ala destra dei conservatori vorrebbe stralciare questa possibilità.

Il commercio

Sul commercio esterno all'Unione, una volta attuato il divorzio, Londra potrà firmare accordi commerciali con Paesi esterni all'Ue, che potranno però entrare in vigore solo dal 2021, cioè alla fine della transizione.

Su come sarà il nuovo rapporto tra Londra e Bruxelles, May ha confermato che il Regno Unito lascerà il mercato unico e doganale europeo e ha chiesto un accordo di libero scambio. La premier ha detto che vuole un accordo "su misura", ma l'Ue ha avvertito che il Regno Unito non può scegliere in modo selettivo cosa vuole, ovvero o avrà un accordo tipo il Ceta con il Canada, o se vuole mantenere una delle tre libertà fondamentali dell'Ue (di movimento delle persone, dei capitali e dei servizi) le dovrà accettare in blocco.


Articolo realizzato nell'ambito del progetto Europa.Today e con il finanziamento del Parlamento Ue