Foto: Reuters
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La portata della reazione militare israeliana agli attacchi di sabato contro lo Stato ebraico rimane per il momento ancora un'incognita: per gli Stati Uniti, Israele potrebbe decidere di colpire obiettivi chiave al di fuori del Paese. Un attacco mirato ma limitato che potrebbe prendere di mira i rappresentanti dell'Iran, come le sue milizie in Siria o il gruppo terroristico Hezbollah in Libano. Immediata la replica iraniana in cui viene ventilata l'ipotesi di ricorrere ad armi mai utilizzate prima se Israele decidesse di colpire. In un colloquio con il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahain ha spiegato che Teheran è in grado di portare a termine un attacco su vasta scala, ma si è limitato a colpire obiettivi militari in quella che è stata definita un'operazioni punitiva lanciata in risposta all'attacco israeliano contro la sede diplomatica iraniana a Damasco. Da parte sua Guterres è tornato a chiedere moderazione ad entrambe le parti in conflitto. È allarme, intanto, per la situazione nella Striscia di Gaza, dove l'esercito israeliano ha attaccato decine di infrastrutture di Hamas, colpendo edifici militari, tunnel e postazioni di lancio. Numerose anche le vittime civili. Le autorità israeliane starebbero comunque cercando ancora di arrivare a un accordo di cessate il fuoco temporaneo con il movimento integralista palestinese per garantire il rilascio degli ostaggi prima di riprendere i combattimenti. Da parte sua Hamas sarebbe però pronto a rilasciare solamente 20 ostaggi rispetto ai 40 concordati nell'ambito dei negoziati in cambio della liberazione di centinaia di detenuti da parte di Israele. Il movimento islamista palestinese avrebbe ridotto il numero degli ostaggi perché alcuni dei nomi proposti riguardano persone non più in vita, mentre altri sarebbero in mano ad altre fazioni.

M.N.