Venezuela al voto per le elezioni presidenziali tra arresti e persecuzioni. Nei sondaggi il leader dell'opposizione Edmundo Gonzalez Urrutia gode di un ampio sostegno ma vi sono pochi segnali che il Presidente uscente Maduro sia disposto a cedere il potere. Infatti ha già avvertito che nel caso perdesse le elezioni il Paese cadrebbe in un bagno di sangue. Domenica saranno oltre 21 milioni gli aventi diritto per eleggere il nuovo Presidente. Nel Paese, piagato da inflazione, povertà e mancanza di libertà, la posta in gioco è molto alta. Per la prima volta negli ultimi 25 anni nel Paese ci si attende un cambiamento reale. Per garantire la legittimità internazionale il Governo di Maduro ha accolto numerose missioni di supervisione, limitate nel numero degli esperti e nelle funzioni. I tecnici senza vincolo legale non realizzeranno una valutazione integrale dei processi di votazione, conteggio e analisi, un lavoro che l'opposizione ha etichettato come turismo elettorale. Sono dieci i candidati che aspirano alla guida del Paese. Gli analisti hanno già evidenziato che la campagna elettorale si è svolta a suon di arresti, sequestri e intimidazioni da parte del Governo contro l'opposizione. Dopo l'arrivo al potere di Chavez, nel 1998, che ha instaurato un regime comunista, sono oltre 7 milioni i venezuelani che sono stati costretti a lasciare il Paese, 4,5 milioni di essi in età di voto. Se tutti o solo una frazione riuscisse a registrarsi e a votare il fatto sposterebbe l'ago della bilancia. Per gli esperti una vittora di Maduro vorrebbe dire inasprimento dei rapporti con Washington, aumento della povertà, repressione, mortalità e aggravamento della crisi umanitaria. Maduro ha già paventato una guerra civile nel caso di sconfitta. L'opposizione accusa Maduro di tenere sotto controllo il Parlamento, l'esercito, la Polizia, il sistema giudiziario, il Consiglio Elettorale Nazionale, il bilancio nazionale e gran parte dei media per tacere dei gruppi paramilitari violenti noti come collettivi.
Franco de Stefani