Maltrattamenti fisici al limite della tortura, procedure di interrogatorio obsolete e spesso violente, strutture penitenziarie al di sotto degli standard necessari. L'ultimo rapporto del Comitato anti-torture del Consiglio d'Europa denuncia con forza le insufficienze del sistema di giustizia in Bosnia Erzegovina, portando alla luce problemi strutturali profondi.
Le note più critiche del rapporto, appena pubblicato, ma basato su una serie di visite effettuate nel 2019, riguardano la Federazione di Bosnia Erzegovina, l'entità a maggioranza bosgnacca e croata.
I delegati del Consiglio d'Europa hanno ricevuto numerose e preoccupanti segnalazioni di maltrattamenti – sia fisici che psicologici – subiti da persone in stato di arresto da parte di funzionari di polizia. Maltrattamenti gravi, equiparabili in molti casi a tortura, utilizzati per estorcere confessioni durante gli interrogatori. La situazione nell'entità serba della Republika Srpska sembra invece essere migliorata rispetto alle visite precedenti.
Secondo il rapporto, la polizia della Federazione deve rivedere la propria cultura professionale, introducendo sistemi di indagine moderni, che oggi mancano. Le denunce contro la violenza esercitata dalla polizia cadono oggi quasi sempre nel vuoto, così come il diritto ad essere assistiti da un avvocato.
Seri problemi anche per le prigioni di Sarajevo e Mostar, dove sarebbero impiegati metodi di gestione e punizione anacronistici, mentre l'accesso all'assistenza sanitaria sarebbe largamente insufficiente. Anche in questo caso, la prigione di Banja Luka in Republika Srpska ha fatto invece registrare un'atmosfera tra detenuti e sorveglianti migliore rispetto alle visite fatte in passato.
Francesco Martino