Le difficoltà di Evergrande, il colosso immobiliare cinese in sofferenza da un paio d’anni, erano note, ma il mancato accordo sulla ristrutturazione del debito da 330 miliardi di dollari ha portato alla conseguenza più temuta: la liquidazione della società.
Una trattativa con i principali creditori non ha portato a risultati concreti e il tribunale di Hong Kong ha quindi disposto nella notte l'ordine di liquidazione. “In base all'evidente mancanza di progressi da parte della società nel presentare una proposta di ristrutturazione realizzabile – ha detto la giudice Linda Chan - ritengo opportuno che il tribunale emetta un ordine di liquidazione nei confronti della società”.
Il direttore esecutivo di Evergrande, Shawn Siu, ha definito la decisione dell'Alta corte di Hong Kong "molto deplorevole". "Possiamo solo dire – ha aggiunto - che abbiamo fatto del nostro meglio”. Il gruppo, ha aggiunto, "affronterà le difficoltà e i problemi e adotterà tutte le misure legali del caso", e farà il possibile "per portare avanti con costanza il funzionamento normale delle sue attività con la premessa di salvaguardare i diritti e gli interessi legittimi dei creditori nazionali ed esteri".
L’ordine è impugnabile, ma la decisione del tribunale potrebbe avere contraccolpi sui mercati a livello globale e anche sui patrimoni dei creditori e dei clienti che hanno già pagato immobili ancora da costruire.
I titoli Evergrande, e quelli delle due maggiori società controllate del gruppo di Shenzhen, sono stati sospesi alla Borsa di Hong Kong dopo l'ordine di liquidazione, anche se, nonostante tutto, i listini hanno girato in positivo.
Il colosso cinese era entrato in sofferenza due anni fa, a causa della crisi del settore immobiliare cinese, ma anche per le regolamentazioni più stringenti imposte dal governo al mercato, e per operazioni finanziarie rischiose su settori come il calcio, l’agroalimentare e le auto elettriche. Per far fronte ai debiti Evergrande aveva venduto case ancora da costruire a prezzi scontati, immobili che però in parte non sono mai stati completati.
Nei prossimi giorni gli operatori finanziari si attendono una decisione del governo cinese: Pechino potrebbe intervenire spinta dai timori di una crisi finanziaria che potrebbe attirare nella spirale altri settori dell’economia e anche le banche, innescando una crisi finanziaria globale nella già critica situazione dell’economia cinese, allontanando fra l’altro anche gli investitori stranieri (soprattutto se il governo cinese decidesse di garantire prima gli interessi dei creditori interni rispetto a quelli esteri). Per ora però da Pechino non giungono segnali in questo senso, nonostante il settore immobiliare contribuisca per circa un quarto alla crescita cinese.
Alessandro Martegani