I numeri del contagio sono finalmente in forte calo, ma per la Bosnia Erzegovina il COVID-19 continua ad essere una minaccia reale. Il paese, diviso e segnato dalla debole amministrazione centrale emersa dagli accordi di pace di Dayton, è fanalino di coda nelle vaccinazioni, nonostante abbia registrato uno dei tassi di mortalità più alti al mondo.
Secondo i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, ad oggi la Bosnia Erzegovina ha registrato ufficialmente 205mila casi di Covid, ed oltre 9600 morti associate al coronavirus, con un tasso di mortalità vicino alle tremila vittime su milione di abitanti.
Nonostante l'impatto della malattia, però, la debole amministrazione bosniaca, ancora divisa su basi etniche, è riuscita finora ad importare ufficialmente solo 530mila dosi di vaccino, insufficienti a proteggere anche solo le fasce più vulnerabili della popolazione.
Fino ad oggi 180mila bosniaci hanno ricevuto la prima dose di un vaccino, ed appena 50mila hanno terminato il ciclo vaccinale soprattutto grazie al programma di cooperazione internazionale COVAX: un risultato che lascia però le porte aperte ad eventuali nuove ondate nei prossimi mesi.
In realtà, molti cittadini bosniaci sono riusciti a vaccinarsi nella vicina Serbia, che ha messo il proprio surplus di vaccini, soprattutto quelli di produzione cinese e il russo Sputnik V, a disposizione degli abitanti dei paesi vicini. Il problema è che nessuno, nemmeno il governo serbo, sa dire esattamente quanti bosniaci abbiano approfittato di questa possibilità, rendendo difficile qualsiasi pianificazione sanitaria per i mesi a venire.
Francesco Martino