Sembra un vero e proprio déjà-vu: oggi il premier dimissionario Ramush Haradinaj lascia il Kosovo per atterrare all'Aja, dove verrà ascoltato dalla Corte speciale sui crimini dell'UCK ai danni di serbi e rom, crimini che sarebbero avvenuti durante e dopo il conflitto con le forze serbe del 1998-99.
Anche nel 2005 Haradinaj si era dimesso da primo ministro per fronteggiare le accuse che gli venivano allora mosse dal Tribunale Internazionale sui crimini nell'ex-Jugoslavia: da quella tormentata vicenda, segnata da persistenti voci di intimidazioni e addirittura morti sospette di alcuni testimoni chiave - Haradinaj era tornato a Pristina non soltanto assolto da ogni accusa, ma festeggiato come un vero e proprio eroe nazionale.
Rispetto al tribunale ONU, la Corte speciale, formalmente un'istituzione kosovara, anche se con base all'Aja e giudici internazionali, ha però un mandato più ampio: sono già più di trenta gli ex-comandanti dell'UCK ascoltati nei mesi scorsi dalla corte, che potrebbe chiamare presto altri testimoni o imputati eccellenti.
In attesa di una possibile incriminazione formale, le dimissioni di Haradinaj hanno già provocato scosse di assestamento nel fragile panorama politico del Kosovo. Lo stesso Haradinaj ha chiesto con insistenza nuove elezioni anticipate, che con tutta probabilità verranno tenute il prossimo autunno.
Probabili ricadute anche sul tormentato processo di normalizzazione dei rapporti con Belgrado, arenatosi nei mesi scorsi dopo la decisione - venuta proprio dal governo Haradinaj - di imporre tariffe doganali del 100% sui prodotti serbi importati in Kosovo.
Francesco Martino