Hezbollah ha oltrepassato tutte le linee rosse con il massacro sulle alture del Golan. A sostenerlo è il ministero della Difesa israeliano che punta il dito contro il gruppo armato libanese e promette che pagherà per il crimine commesso. "Questo non è un esercito ma piuttosto un'organizzazione terroristica che spara deliberatamente ai civili", sottolinea il dicastero. Il gruppo libanese sostenuto dall'Iran continua però a negare ogni coinvolgimento. Si fa strada, infatti, l'ipotesi che un missile intercettore israeliano abbia mancato il bersaglio e si sia schiantato sulla città a maggioranza drusa. Teheran invita intanto alla moderazione; l'ambasciatore iraniano a Beirut ritiene che ci siano poche probabilità che scoppi una nuova guerra, una possibilità che, a suo dire, la Repubblica islamica ha sempre cercato di sopprimere, lavorando per ridurre le tensioni nella regione. Al contempo mette però in guardia da un possibile allargamento del conflitto a causa della "messa in scena di Israele" che sta usando come pretesto gli attacchi nel Golan per poter ampliare le proprie operazioni in Libano. In seguito alla notizia dell'attacco il premier israeliano Benyamin Netanyahu è rientrato nel Paese dopo una visita negli Stati Uniti dove ha tenuto nell'ultima settimana un discorso al Congresso e incontrato i candidati alle prossime elezioni, Kamala Harris, e Donald Trump. L'ex presidente statunitense ha detto che se ci fosse stato lui alla Casa Bianca, un attacco del genere in Israele non ci sarebbe mai stato. Secondo il tycoon questo episodio "passerà alla storia come un altro momento creato da un presidente e un vicepresidente degli Stati Uniti deboli e inefficaci".
M.N.