Le banche centrali non mollano, e per fermare una spirale inflattiva che rischia di andare fuori controllo e aumentare la povertà delle famiglie, hanno proseguito nell’aumento dei tassi d’interesse per raffreddare l’economia e riportare sotto controllo l’aumento dei prezzi.
L’ultimo intervento è stato quello della Federal Reserve: la Banca centrale americana ha rialzato il tasso d’interesse Federale di ben 75 punti base portandolo in un range fra il 2,25 e il 2,50 per cento, anticipando aumenti già annunciati.
Alla base della decisione l'inflazione che "rimane elevata, riflettendo squilibri fra offerta e domanda", ma anche le tensioni legate alla guerra in Ucraina, che hanno provocato un'ulteriore pressione al rialzo sull'inflazione e stanno pesando sull'attività economica globale”. La Banca centrale americana ha anche confermato una politica più restrittiva sui titoli di Stato, con una riduzione delle partecipazioni, per centrare l’obiettivo di riportare l'inflazione sotto il due per cento.
E sulla linea della FED si è accodata anche la BCE, che nella riunione della scorsa settimana ha approvato uno scatto di 50 punti base sui suoi tre tassi di interesse di riferimento, varando il primo aumento dal 2011. L’aumento, in vigore da ieri, porta i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale rispettivamente allo 0,50, allo 0,75 e allo 0,00 per cento.
Anche nel vecchio continente l’obiettivo è riportare l’inflazione sotto il due per cento nel medio termine.
Alessandro Martegani