Gli aspiranti Indiana Jones possono tirare un sospiro di sollievo: rimangono ancora migliaia di siti archeologici intonsi e da scoprire all’interno della foresta amazzonica.
La stima è contenuta in una ricerca pubblicata sulla rivista “Science”, secondo cui sarebbero più di diecimila i siti archeologici precolombiani che giacciono ancora inesplorati in tutto il bacino amazzonico.
Lo studio si basa su dati rilevati da remoto e sulla “modellizzazione spaziale predittiva”, tecnologia che sfrutta l’intelligenza artificiale, applicata una piccola porzione del bacino amazzonico e poi proiettata su tutto l’immenso oceano verde della giungla, per comprendere la portata degli insediamenti delle società indigene che hanno abitato il bacino amazzonico per più di 12.000 anni, creando antiche strutture di terra e paesaggi domestici che hanno avuto effetti duraturi sulla composizione delle foreste moderne.
In precedenza, non era mai stata condotta un’indagine completa dei siti precolombiani in tutto il bacino amazzonico, a causa delle difficoltà create dalla vastità del territorio e dalla vegetazione.
Gli studiosi brasiliani hanno però applicato delle tecnologie che riescono a rilevare anche piccole variazioni della superficie terrestre sotto il manto della foresta, rivelando 24 opere umane non segnalate in solo cinquemila chilometri quadrati: villaggi fortificati, strutture difensive e cerimoniali, insediamenti in cima alle montagne. Se questi dati venissero proiettati su tutta l’Amazzonia, ci sarebbero fra le diecimila e le ventitremila strutture precolombiane che devono ancora essere scoperte, in particolare nell’Amazzonia sud-occidentale.
Gli autori hanno anche scoperto delle relazioni tra le opere e la presenza di alcune specie arboree, facendo supporre che le attività indigene nelle foreste precolombiane abbiano plasmato anche le foreste moderne dell’Amazzonia.
Alessandro Martegani