Foto: Pixabay
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Il caso di Saman Abbas, la ragazza uccisa a Reggio Emilia per non aver accettato un matrimonio forzato in Pakistan con l'uomo scelto per lei dalla famiglia, ha riportato in primo piano la gravità e la diffusione delle violenze e delle pressioni psicologiche e fisiche a cui sono sottoposte le donne e le bambine nel mondo.
Pratiche come le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci e forzati sono purtroppo ancora fenomeni molto diffusi, anche in Europa. Secondo uno studio dell’Università Milano Bicocca, nel 2019 oltre 87 mila donne che vivevano in Italia, 7.600 delle quali ancora minorenni, hanno subito mutilazioni genitali femminili nei paesi di origine, e 5 mila bambine sarebbero a rischio.
Le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci sono pratiche profondamente radicate nelle culture e nelle tradizioni locali di molte società, in particolare nell’Africa Sub-Sahariana, in Medio Oriente e nel Sud-Est asiatico, nonostante abbiano gravi conseguenze sanitarie e psicologiche, e portino a fenomeni come l’interruzione del percorso scolastico. Circa 200 milioni di ragazze e donne nel mondo hanno subito una forma di mutilazione genitale femminile, e sono 4,1 milioni le ragazze e le donne a rischio solo nel 2020. Ogni anno 12 milioni di ragazze si sposano prima dei 18 anni.
“Così come le altre forme di violenza di genere – ha spiegato Rossana Scaricabarozzi, Responsabile dell'unità politiche di genere e giustizia economica di ActionAid, Organizzazione internazionale per la tutela dei diritti - anche le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci e forzati negano il diritto delle bambine, delle ragazze e delle donne all’uguaglianza, alla libertà e, soprattutto, all’autodeterminazione”.
ActionAid ha lanciato il progetto CHAIN, che rafforza in cinque paesi europei, fra cui l’Italia, la prevenzione, la protezione e il sostegno a donne e ragazze, attraverso incontri di formazione e percorsi di consapevolezza sui propri diritti. In Italia l’attività è stata affidata a dei community trainer, sette donne e un uomo, selezionate tra cinque comunità (Somalia, Nigeria, Egitto, Pakistan e Senegal) particolarmente interessate da questi fenomeni sul territorio di Milano. Attraverso le attività di sensibilizzazione verranno raggiunte 1.000 persone delle diverse comunità insieme a 24 leader, e 192 figure professionali saranno formate su questi temi e sulla necessaria catena d’intervento.