Gli analisti dell’Economist hanno stilato anche per il 2019 una classifica di 165 stati e due territori, ordinandoli dal più al meno democratico sulla base di cinque categorie: processo elettorale, libertà civili, funzionamento del governo, partecipazione e cultura politica.
L’Italia, quest’anno, è scivolata dal 33esimo al 35esimo posto della classifica generale, tallonata dalla Slovenia al trentaseiesimo, ma terza tra i paesi dell’est Europa, preceduta solamente da Lituania e Repubblica ceca.
In generale dicono gli analisti tutti i paesi hanno ottenuto circa 0,2 punti in meno rispetto all’anno precedente, con piccoli cambiamenti al vertice, dove si è comunque piazzata nuovamente la Norvegia. La Nord Corea si assesta invece come sempre all’ultimo gradino della graduatoria, distanziata di poco dalla repubblica democratica del Congo, confermandosi come il paese meno democratico del mondo.
Il più grande declino nel range dell’Economist lo ha avuto quest’anno la Cina che è scesa di 38 posti, soprattutto a causa della repressione messa in atto a Hong Kong. Una quadro non proprio incoraggiante quello fornito dall’Economist, dal quale emerge una situazione particolarmente critica in Asia dove le proteste dell’ultimo anno hanno fatto scendere di molto la posizione che questi paesi avevano conquistato dal 2006, anno della prima rilevazione.
Italia e Slovenia secondo gli analisti possono essere considerate “democrazie imperfette”, come parecchi altri stati europei, anche se tengono la posizione gli stati del nord del continente che insieme a Canada e Nuova Zelanda si aggiudicano la definizione di "democrazie a pieno titolo".