Anche se sempre più lontano dai riflettori, la "rotta balcanica" resta attiva, e continua a nutrire speranze di una vita migliore e - al tempo stesso - a mietere vittime. Le ultime, sono 19 migranti uccisi dal gelo in territorio turco non lontano dal confine con la Grecia.
I corpi, ancora non identificati, sono stati rintracciati mercoledì scorso nella provincia di Edirne. Subito dopo la macabra scoperta, le autorità turche hanno accusato quelle greche di essere responsabili della loro morte. Secondo il ministro degli interni di Ankara, Süleyman Soylu, i migranti sarebbero stati respinti dalle guardie di frontiera elleniche, che li avrebbero privati anche "dei vestiti e delle scarpe".
Accuse che sono state subito rigettate da parte greca: secondo il ministro per le Migrazioni di Atene, Notis Mitarachi, i migranti non sarebbero mai arrivati al confine con la Grecia. "Ogni illazione che siano stati respinti in Turchia [dalla Grecia] e priva di senso", ha aggiunto Mitarachi.
La commissaria UE per gli Affari Interni, Ylva Johansson, si è detta preoccupata e ha chiesto che la dinamica di quanto accaduto venga sottoposta ad un'indagine approfondita.
Ieri, alcune centinaia di attivisti per i diritti umani hanno protestato ad Istanbul davanti al consolato greco, marciando dietro ad uno striscione che recitava "Chiudiamo i confini al razzismo e apriamoli all'umanità". I manifestanti hanno invitato la Grecia, ma anche l'UE nel suo complesso, a rivedere le proprie politiche nei confronti dell'immigrazione.
Francesco Martino
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