La vicenda risale al 2014 quando il governatore repubblicano Rick Snyder decise, per questioni di budget, di non rifornire più la rete idrica con le acque del lago Huron e di usare quelle del fiume Flint, una discarica di macchine, frigoriferi e altri rifiuti pericolosi. Acque piene di sostanza corrosive, che hanno intaccato le vecchie tubature di ghisa della città. A quel punto dai rubinetti di Flint cominciò a scorrere acqua di colore marrone o verdastro e dal sapore metallico. Ben presto si iniziarono a registrare segni evidenti di avvelenamento nella popolazione. Le autorità non se ne curarono, finché una serie di studi non dimostrarono che quell’acqua poteva essere considerata addirittura tossica. Intanto le analisi mediche riscontrarono nel sangue dei bambini elevate quantità di piombo che rischiano di lasciare loro conseguenze a lungo termine.
Il caso venne portato alla ribalta delle cronache internazionali anche da a Michael Moore che lo raccontò in Fahrenheit 9/11. La questione fu addirittura ripresa anche in un episodio della sit-com animata “I Griffin”.
Un esempio eclatante di razzismo ambientale, dicono in molti. Uno simile scenario non si sarebbe potuto verificare in una ricca città, dove, comunque, l’emergenza sarebbe stata affrontata molto più prontamente. Flint, invece, è una delle città in declino della cintura di ruggine del Michigan, legata all’industria dell’automobile. La sua popolazione negli ultimi decenni si è dimezzata, oltre la metà degli abitanti sono di colore e il 40% vive sotto la soglia di povertà.
Stefano Lusa