Si tratterebbe di prigionieri sloveni che erano stati rinchiusi nelle carceri dell’OZNA e di cui si era poi decisa l’esecuzione sommaria. I primi rilievi dicono che sarebbero perlopiù di giovani uomini, ma nella fossa sono stati trovati anche i resti di almeno una donna, secondo gli esperti comunque non che ne sarebbero più di cinque. Nessuno aveva meno di 15 anni.
Nelle operazioni di recupero sono stati trovati oltre 400 bottoni, perlopiù di abiti civili, ma anche rosari e santini. Le esecuzioni sarebbero avvenute ai bordi della fossa e si sarebbero usate armi automatiche. Trovati anche i frammenti di almeno 6 bombe a mano e altri ordigni rimasti inesplosi. Negli strati superiori rinvenuti i corpi di alcuni uomini a cui probabilmente era stato dato l’ordine di coprire di terra e massi i cadaveri.
Nell’immediato dopoguerra i comunisti jugoslavi misero in atto una serie di esecuzioni sommarie di prigionieri di guerra che avevano militato nelle unità collaborazioniste ed anche di civili. Solo nella Selva di Kočevje vennero liquidate circa 15.000 persone. Si stima che in tutto il paese ci siano circa 700 fosse comuni. Su quelle esecuzioni per anni regnò il silenzio. Nessuna comunicazione venne data ai parenti delle vittime. In alcuni casi, come ad esempio a Teharje, nei pressi di Celje, il luogo della sepoltura negli anni successivi venne trasformato in discarica.
La polemica sugli eccidi del dopoguerra prese corpo in Slovenia soprattutto a partire dagli anni Ottanta. Dopo l'indipendenza è inizata una lenta opera di mappatura delle fosse e di riesumazione delle vittime.
Stefano Lusa