Su indicazione del pubblico il Premio Trieste al miglior lungometraggio è andato al film “Delegacioni” del regista albanese Bujar Alimani, che racconta l’estremo tentativo del regime comunista – siamo sul finire del 1990 – di persuadere l’opinione pubblica internazionale dei progressi di Tirana in tema di diritti umani. Il Premio Alpe Adria Cinema al miglior documentario segnala invece “Chris The Sviss”, con cui la regista svizzera Anja Kofmel cerca di far luce sul mistero che ancora oggi è irrisolto nella Croazia in guerra del 1992. Una pellicola tra il racconto biografico e la grande storia, che narra in stile originale e diretto la vicenda di un giovane reporter vittima della violenza che vorrebbe capire. All'ungherese “Last call” di Hajni Kis, infine, il Premio Fondazione Osiride Brovedani al Miglior cortometraggio. Accanto ai premi per i tre principali concorsi sono stati numerosi altri i riconoscimenti assegnati nel corso della serata. Il Premio Corso Salani è andato a “My home in Libia” di Martina Melilli, che affronta in maniera originale una storia vissuta nella realtà e nella memoria da chi è stato privato della sua libertà. Per i meriti in campo cinematografico e dei rapporti tra cinema dell'Europa dell'est e dell'ovest, segnaliamo due personaggi eccellenti, il regista macedone Milčo Mančevski, Leone d’oro nel 1994 con il film Prima della pioggia, e il direttore del Festival di Sarajevo Mirsad Purivatra. Il Premio INCE-Iniziativa Centro Europea 2019 è andato infine al regista serbo Želimir Žilnik, autore di punta del cinema jugoslavo fin dagli anni Sessanta. Anche nel suo ultimo film intitolato “Il più bel paese del mondo” torna a mettere in primo piano da un lato gli emarginati di oggi e dall’altro le nuove paure delle società occidentali.