Foto: Reuters
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"In nómine Patris et Filii et Spíritus Sanctii. Amen" Sono queste le ultime parole pubbliche pronunciate da Papa Francesco, per la benedizione che aveva chiuso la celebrazione pasquale in piazza San Pietro, concludendo anche una settimana Santa nella quale non aveva perso occasione di fare una visita ai detenuti di Regina Coeli. Parole pronunciate a fatica, in latino, una lingua "immortale" cui dobbiamo più modernità di quanto riusciamo a immaginare, storditi come siamo dall'imperante anglosassone del mondo occidentale. Al netto della piacevole sorpresa per la riapparizione del Pontefice ancora convalescente, sembrava una "normale" domenica di Pasqua. Meno di 24 ore dopo la notizia che ha colto di sorpresa il mondo intero, nonostante l'età e le condizioni di salute precarie: Papa Francesco è venuto a mancare lunedì mattina alle 7:35 per un'ictus. Da allora il piano inclinato degli eventi ha sconvolto e stravolto la vita di molti, a partire da quella di Roma, attrezzata per il Giubileo, colta di sorpresa a confrontarsi con la marea di fedeli, turisti, e gli oltre 3000 giornalisti che si sono riversati sul Vaticano. Fra loro anche chi vi parla, tornato nella sua città natale per delle vacanze che hanno presto cambiato volto. La curva della Storia era troppo importante, la sfida professionale troppo emozionante per non essere vissuta senza riserve. Anche perché solo così è stato possibile scoprire un Papa di tutti e per tutti, o per utilizzare le parole di Don Pedro: "una Chiesa aperta a tutti, ma non a tutto, perché i valori fondanti rimangono gli stessi". "Pastore fra i discepoli", un Pontefice in grado di trovare linfa quando era fra la gente comune più che con i politici: "era un Papa della gente, che voleva stare fra la gente. Ti ricordi cosa ha fatto a Pasqua? Mi viene da piangere a pensarci, mi emoziona: finita la benedizione è voluto scendere tra la gente con la papamobile, quello è ciò che lo rendeva felice". E la commozione di Patricia Thomas è stata la stessa di chi vi parla, al momento del passaggio della bara a pochi passi, prima dell'ingresso a Santa Maria Maggiore, all'ennesima diretta di una settimana piena di emozioni, impegnativa, e allo stesso tempo gratificante, per quanto possa esserlo salutare per l'ultima volta una persona, un Pontefice che ha aperto nuove frontiere, che ha portato la Chiesa oltre la "linea d'ombra" e che, con il suo pontificato, ha segnato un prima e un dopo nel modo di gestire Santa Romana Chiesa. Perché in fin dei conti, come si dice a Roma in queste occasioni da secoli, morto un Papa se ne fa un altro.

Valerio Fabbri