Entrato in parlamento con le prime elezioni democratiche c’è rimasto fino a pochi mesi fa, quando ha deciso che non si sarebbe più ricandidato. A chi gli chiede se quello del ricambio della classe dirigente della comunità nazionale italiana è un problema lui sorride e precisando che essendo rimasto per tanti anni alla Camera di Stato non è la persona adatta per dare questa risposta. Il suo augurio è, comunque, che vi sia una cura maggiore per la lingua e la cultura italiana. Vorrebbe vedere i rappresentanti della minoranza occuparsi dell’attuazione, delle norme di tutela. Queste sono buone, ma non vengono applicate.
Cancellare la presenza italiana, del resto, non è facile, in passato - ricorda l’ex parlamentare- si sono vissuti momenti anche più difficili di quello attuale. Il problema, per Battelli, è che si continua a rimanere nelle mani della maggioranza e della percezione che essa ha della presenza italiana sul territorio. Quello che manca, secondo il vecchio uomo politico, è la comprensione che ci si trova di fronte ad una presenza culturale e linguistica antichissima, che ha segnato il territorio in maniera profonda, ma alla comunità italiana, ancor oggi, non viene concesso di avere passato o memoria. Ci si trova di fronte quindi ad una operazione di oblio che non sarebbe altro che il primo passo per tentare di distruggere identità culturale degli italiani rimasti.
La maggioranza, secondo l’ex deputato, dovrebbe semplicemente usare il termine italiano e italiana per definire la cultura materiale che pervade i luoghi in cui viviamo. Nel momento in cui si ammetterà che questa cultura è italiana allora tutto diventerà più facile, finché lo si negherà allora la presenza della minoranza sarà considerata qualcosa di estraneo. Tutto ciò, naturalmente, condiziona gli italiani e impedisce loro di vivere pienamente la propria diversità linguistica e culturale.
Battelli, oggi, non ha nostalgia o ripensamenti sulla scelta di lasciare lo scranno in parlamento. Ora osserva il mondo da un'altra prospettiva e si dice contento di non essere implicato in cose che non gli piacciono proprio. Critico severo della politica slovena, considera il nuovo governo il frutto di un accordo tra partiti che non hanno voluto siglare un’intesa con il vincitore relativo della scorsa tornata elettorale, i democratici di Janez Janša. La composita alleanza, secondo Battelli, è costretta a far cose che non tengano conto delle posizioni di chi è stato lasciato volutamente fuori. In sintesi, fanno delle stupidaggini per non dare ragione all’altra parte. L’onorevole, però, crede che si metteranno nei guai se dovessero attuare tutte le ventilate misure di ulteriore pressione fiscale sulla classe media.
La Slovenia sembra avere una grande capacità di non decidere, un’ipocrisia- dice Battelli- diffusa, che è uno dei tratti fondamentali dell’andamento delle cose. Per l’ex parlamentare il potere esecutivo, giudiziario e legislativo sono fusi tra loro, mentre il fatto che al governo ci siano sempre le stesse persone impedisce che emergano forze nuove che poterebbero far uscire dalla situazione di stagnazione in cui ci si troviama. Quelle dell’est, del resto, sono democrazie di non lunga tradizione, dove anche attentati alla legittimità delle elezioni non sono altro che espedienti per creare sfiducia nel sistema. Per superare il tutto ci vorrà del tempo. Battelli ricorda che nel 1989 si diceva che all’est Europa, se tutto fosse andato bene, ci sarebbero voluti cinquant’anni per ultimare la transizione e le cose, a dire il vero, non starebbero andando proprio benissimo.
Stefano Lusa
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