Sedicesimo volume della collana "Etnie" del CRS, la ricerca del professore Bonificio è il risultato di un lungo e meticoloso lavoro che illustra il momento storico-politico e analizza le relazioni diplomatiche italo-jugoslave nel secondo dopoguerra per ricostruire il percorso che portò alla collaborazione tra UIIF e UPT. “Italiani ritrovati perché in quegli anni lì, negli orizzonti mentali sia dall’una che dall’altra parte del confine, loro erano gli altri”, spiega l’autore e aggiunge: “Italiani persi perché si erano persi i contatti, non ci si poteva parlare e non per la volontà di non parlarsi ma perché era proprio impossibile. Fino gli anni Sessanta gli unici rapporti che si può avere con la Comunità italiana in Jugoslavia sono quelli mediati da parte della Lega dei comunisti”. Il partito naturalmente continuerà a controllare, ma con la svolta e l’apertura decisa da Belgrado in seguito ai fatti di Trieste del ’61 e il successivo avvio della collaborazione tra l’ente morale triestino e l’organizzazione della minoranza italiana in Jugoslavia si instaurano rapporti diretti che hanno una finalità culturale sulla quale non pesa il dubbio di presunto irredentismo o altro, è stato spiegato ieri sera a Rovigno. “Un lavoro di assoluto rigore scientifico con tantissime fonti e documenti che non lascia spazio a pregiudizi, ma che si presta ad una lettura piacevole ed interessante”, ha spiegato Georg Meyr a capo del dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Trieste. Egli ha ricordato che in momenti quando tutto ci sembra dato per scontato è giusto tener presente e documentare la strada che ha favorito la situazione attuale. Una riflessione condivisa pure dal direttore del CRS, Raul Marsetič. “Obiettivo della ricerca è quello di dimostrare gli sforzi profusi nella preservazione della presenza italiana in questo territorio”, ha detto aggiungendo: "Nonostante le previsioni che ci davano per spacciati, la CNI è presente poiché ha saputo reinventarsi e non le è mai mancato lo spirito di sopravvivenza."
Nel corso della serata è intervenuto pure il presidente dell’UPT Edvino Jerian che ha rimarcato la vicinanza dell’ente morale triestino alla componente italiana di Slovenia e Croazia e alle sue istituzioni, e l’importanza della collaborazione con l’Unione italiana che va avanti da 60 anni. Constatazioni accolte dal presidente UI Maurizio Tremul che non ha negato il ruolo svolto dall’ente triestino nello sviluppo ed affermazione della CNI e, ricordando le riunioni a scadenza mensile che non si fanno più, ha aggiunto: “Questa crescita ha portato a modificare ruolo ed aspettative dell’Unione italiana che è pronta ad assumere nelle proprie mani il destino della CNI.” Alla Comunità italiana - l’invito di Tremul - a non volgere lo sguardo dall’altra parte ma a rendersi partecipe di una nuova costituente.