Oramai è al centro di una bufera. Novak Djoković, attuale numero 1 delle classifiche ATP, è additato come il principale responsabile di quanto accaduto nel corso dell’esibizione tennistica a Zara, che alla fine si è rilavata essere un focolaio di diffusione del coronavirus. Tutto ancor più paradossale visto che il miglior tennista al mondo prima del tour non aveva mancato di far discutere per le sue polemiche con gli organizzatori degli US Open, per le misure troppo stringenti in materia di prevenzione del contagio, mentre non erano passate inosservate le sue posizioni “no vax”.

Per Djoković tutto sembrava andare benissimo. Grande successo della tappa dell'Adria Tour a Belgrado. A Zara tribune gremite ed entusiasmo alle stelle, almeno finché il talentuoso tennista bulgaro Grigor Dimitrov non ha prima accusato qualche linea di febbre per poi risultare positivo al coronavirus. Immediata la cancellazione dell'Adria Tour e le polemiche. Tamponi positivi anche per Čoric, Troicki e Djoković. Positivi anche alcuni membri del loro staff ed adesso anche per il direttore del torneo Goran Ivanišević, vincitore di una indimenticabile finale nel 2001, a Winbledon, contro l’australiano Pat Rafter.

Nel mirino c'è comunque Djoković. Per Ilvio Vidovich, inviato di Ubitennis a Zara, le colpe vanno comunque condivise: “Sicuramente Djoković ha le sue responsabilità, oramai la cosa è riconosciuta e lui stesso e lo ha ammesso quando è stata riscontrata la sua positività al virus, ma le responsabilità sono anche di tutta la struttura che ha organizzato insieme a lui il torneo, perché, di fatto, come oramai è evidente, non c'erano le condizioni minime di sicurezza per svolgere una manifestazione di questo tipo, considerato che le precauzioni erano al di sotto del minimo indispensabile”.

Non c'è stato solo tennis, ma anche tutta una serie di manifestazioni che hanno fatto da corollario al torneo.

“Soprattutto il corollario è stato quello che ha stupito. Ci si poteva limitare al tennis ed anche lì le tribune avrebbero potuto essere gestite in maniera diversa, ma gli altri eventi di contorno obiettivamente erano a rischio. Come hanno confermato lo stesso Djoković e gli altri organizzatori, come ad esempio la federazione e lo stesso direttore del torneo Goran Ivanišević, l'idea era che il virus si fosse indebolito. In paesi che hanno avuto un impatto minimo, come Croazia e Serbia (l'Italia ha avuto altre cifre ed altri problemi con il virus) si era convinti che il pericolo fosse passato. Al contrario, invece, si è visto che il coronavirus è ancora lontano dall'essere sconfitto e che quindi bisogna essere attenti. I numeri che stiamo vedendo oggi in Croazia lo dimostrano”.

Čorić e Djoković hanno concluso la loro partita a Zara con un abbraccio. Entrambi ora sono positivi al coronavirus. Forse non un messaggio molto appropriato.

"Con il senno del poi sono tutte cose che ci dicono che si poteva fare più attenzione. Si potevano seguire le indicazioni che in altri paesi vengono rispettate. In Italia adesso sono in pieno corso gli assoluti ed i protocolli sono molto diversi. Il saluto, ad esempio, viene fatto con il gomito".
"Peccato! L'Adria Tour era nata come una idea bella ed interessante: si volevano raggruppare luoghi e popoli che sono stati divisi trent’anni fa da una guerra. Non si doveva organizzare così".

Se poi ci mettiamo la polemica di Djoković con gli organizzatori degli US Open tutto assume un sapore paradossale".

"Questo dimostra che la scelta fatta dagli US Open di essere fiscali, per far svolgere in massima sicurezza la manifestazione è quella giusta. I dubbi sulle limitazioni dello staff però non erano solo di Djoković, ma anche di Nadal e degli altri top player".

L'Adria Tour avrebbe voluto far tappa anche da queste parti. Lubiana ha detto: potete venire, ma non ci devono essere più di 500 persone.

"Quando è saltata la tappa del Montenegro è stata contattata la Federazione slovena e si vociferava che ci fosse l'opzione di venire a Portorose. Il governo sloveno non ha fatto deroghe e quindi l'evento avrebbe dovuto essere limitato a 500 persone. Un numero poco significativo per l'Adria tour e quindi è saltata la tappa slovena. Non ci sarebbe comunque stata visto che ora tutto è stato annullato. Ciò dimostra, però, che c’è la responsabilità dell’Adria Tour, ma anche di chi ha concesso di svolgere questi tornei senza applicare le dovute precauzioni".

Stefano Lusa

Foto: Reuters
Foto: Reuters