Foto: La voce del popolo
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Che il peso della storia si faccia sentire soprattutto nelle aree di frontiera è ben noto e risaputo. E che lo sport possa trasformarsi a volte in un campo di battaglia dietro al quale si celano controversie politiche e storiche è anche abbastanza scontato. Eppure, era difficile immaginare che la terza maglietta, nuova di zecca del Rijeka, la principale squadra di calcio fiumana, avrebbe suscitato tante passioni, innescando fior di polemiche. Tanto più che già agli inizi degli anni Novanta, l'Armada, la tifoseria organizzata del Rijeka, aveva riscoperto una parte delle vecchie tradizioni sportive locali e si era fregiata dello slogan Forza Fiume, che peraltro spicca ancor oggi su molti striscioni e scialli degli affezionati. Eppure, quando il club ha deciso di presentare la maglietta con una serie di simboli sportivi storici, quindi anche con i colori delle squadre che dagli esordi del calcio fino al 1945 erano presenti a Fiume, c'è stata la levata di scudi. L'idea che la Fiumana e più in là Olympia e Gloria siano precursori del Rijeka non è piaciuta alla tifoseria riunita nell'Armada. E nemmeno a quanto pare l'idea di inserire sulle magliette l'Aquila bicipite che campeggia sullo stendardo fiumano o il Moretto riscoperto negli ultimi decenni. È apparso indigesto pure il 1906 che campeggia sulla nuova maglietta quale data di nascita del club. E sì perché l'idea dei contestatori è che il Rijeka attuale sia figlio esclusivo del secondo dopoguerra e si riallacci soltanto al Kvarner/Quarnero fondato nel 1946 da cui è poi nata la squadra attuale. Con i colori bianco e blu. E basta. La nuova maglietta, che ha esordito ufficialmente domenica allo stadio di Rujevica nella partita contro lo Šibenik, pertanto non ha fatto breccia nel cuore dei tifosi che anzi hanno invitato i promotori della stessa a fare marcia indietro.
Che il Rijeka calcio attuale abbia poco a che vedere con le squadre d'una volta, essendosi sviluppato in un contesto storico e politico ben diverso, è abbastanza scontato. Appare altrettanto scontato che la Fiume attuale sia ben diversa, per ovvi motivi, rispetto a quella d'un tempo.
Eppure, non sono mancati gli sforzi nel recente passato per il recupero delle tradizioni e della memoria storica. Se il calcio è una sorta di riflesso dello stato d'animo nella società ebbene gli auspici non sono dei migliori.
Non si deve pensare però che questa difficoltà sia un'esclusiva fiumana.
I fardelli storici sono presenti pure altrove, anche a Zagabria. Basti pensare all'opposizione durissima della tifoseria all'iniziativa voluta a suo tempo dal Presidente Franjo Tuđman, di ribattezzare la Dinamo – sorta nel secondo dopoguerra con un nome tipicamente realsocialista – HAŠK Građanski in omaggio ai club operanti prima del Secondo conflitto mondiale. Chi ha difeso il nome Dinamo l'ha fatto, paradossalmente, non per celebrare il socialismo, ma le passioni nazionali che quella squadra suscitava nella Jugoslavia d'un tempo nei confronti in particolare con i club belgradesi. Evidentemente certi simboli che nascono in un determinato contesto storico poi, una volta che la storia cambia, tendono a sopravvivere acquisendo significati anche molto diversi rispetto a quelli iniziali.
Ma che alla base di tutte le polemiche vi siano gli sconvolgimenti del secondo dopoguerra, non soltanto ideologici, ma anche culturali e nazionali – verificatisi non soltanto a Fiume, ma in parte in molte aree dell'Europa sudorientale, Zagabria compresa – è abbastanza evidente e dimostra che ogniqualvolta che si punti a un recupero di vecchie tradizioni bisogna da queste parti stare attenti a non urtare la suscettibilità delle attuali generazioni e a procedere con cautela per evitare reazioni inconsulte di rigetto. Chissà però che con il passare del tempo anche la nuova maglietta diventi una tradizione e magari contribuisca a sviluppare la consapevolezza delle radici culturali e sportive multiple della città odierna. In fin dei conti ogni nuovo inizio è difficile.

Dario Saftich/La Voce del Popolo