Cerimonia solenne nella città che 30 anni fa, dopo 87 giorni di assedio si arrese alle forze dell’ esercito jugoslave. “Due mesi e mezzo di furia cieca con gli abitanti nelle cantine e rifugi che videro contrapporsi 2 mila difensori contro addirittura 30 mila soldati” è stato ricordato a Vukovar che ha commemorato le quasi 3 mila vittime, tra le quali molti civili come pure i numerosi dispersi. Nella colonna del ricordo alla quale hanno partecipato migliaia di persone provenienti da tutto il paese, in prima fila i vertici croati con il capo dello stato Milanović, il premier Plenković, il presidente del Parlamento Jandroković. “Siamo qui per rendere omaggio agli eroi perché abbiamo il dovere di ricordare le vittime ma dobbiamo pure rivolgere lo sguardo al guardo a futuro e allo sviluppo della Croazia e di Vukovar” il messaggio delle autorità. A tre decenni di distanza si potrebbe dire che Vukovar è una città che guarda al domani ma che comunque rimane ostaggio del proprio passato. Con una popolazione dimezzata e passata da 48 mila a poco più di 20mila persone, il declino non tende a fermarsi e solo negli ultimi anni si registrerebbe un calo di almeno 5 mila abitanti e tutto ciò nonostante gli ingenti mezzi finanziari messi a disposizione dal governo croato per rinvigorire la piccola e media industria, l’agricoltura, il turismo ma anche per sviluppare l’ infrastruttura dell’ area. Inoltre, i ricordi del conflitto ancora molto vivi non contribuiscono alla riconciliazione e sono frequenti, pertanto, le polemiche di carattere etnico ma anche quelle nei confronti di chi dimostrerebbe irriverenza nei confronti della cittadina e degli avvenimenti storici. Come successo una decina di giorni fa all’opinionista Boris Dežulović che -dopo un editoriale in cui denuncia in modo forte l’ utilizzo della tragedia di Vukovar a fini nazionalistici e propagandistici - è stato addirittura minacciato di morte.
Lionella Pausin Acquavita