Nessuno si azzarda a fare una stima ma ormai si tratta di vere e proprie orde che distruggono coltivazioni senza alcun timore di avvicinarsi ai centri abitati. L'ultima denuncia arriva dall'area di Portole, dove è stata completamente annientata una delle più grandi piantagioni di aglio della penisola ma prima ancora ci sono state quelle - provenienti da ogni dove - dei produttori di grano, patate, dei viticoltori e così via. Sono in tanti a richiedere un intervento e aiuti concreti dai competenti ministeri come pure dalle numerose società venatorie che comunque nonostante l'organizzazione di battute sembrano avere le mani legate proprio dalle norme legislative. "La federazione venatoria nazionale ci acconsente l'abbattimento annuale di 100 a volte 120 esemplari" ci spiega Lino Bazjak della società "Fagiano" di Buie che con la sua esperienza di caccia lunga più di 50 anni aggiunge "troppo pochi, perché sui 6 mila ettari da noi gestiti il loro numero e' enorme e i danni pure".
Un problema inesistente fino a una ventina di anni fa quando le regole per abbattere un cinghiale erano molto ferree. "Se all'urbanizzazione e la riduzione dell'habitat della fauna selvatica aggiungiamo che in pratica i cinghiali - oggi - non hanno un nemico naturale e poi diciamo ancora che le femmine partoriscono dai cinque, sette e anche più piccoli almeno due volte l'anno e che la maturità sessuale delle femmine arriva dopo sei, sette mesi di vita il quadro è completo" dice ancora Lino Bazjak spiegando che la caccia al cinghiale viene aperta a fine ottobre inizio novembre, si organizzano battute controllate nelle zone interessate che si concludono con l'abbattimento di cinque, sei a volte sette animali ma, come afferma ancora il nostro interlocutore, "sono troppo pochi in relazione al numero in circolazione".
"Le società venatorie stanno facendo del loro meglio anche per quanto riguarda il risarcimento dei danni sia delle coltivazioni che di quelli inerenti ai sempre più frequenti incidenti stradali ma anche le nostre capacità e forze sono limitate perciò ci dovrebbe essere un intervento più deciso da parte dello stato" conclude Lucio Bazjak.
Noi ricordiamo invece che l'ultima operazione a livello nazionale risale al 2019 quando in Croazia, a causa dell'influenza suina si decise di dimezzare il numero dei cinghiali e portarlo - queste le cifre fornite - dalle 40 mila unità a 20 mila. Un'azione - era stato spiegato - che non avrebbe minacciato la specie poiché in un periodo di solo due anni la popolazione sarebbe ritornata ai livelli precedenti.
Lionella Pausin Acquavita