L'appello lanciato dalle associazioni dei consumatori in Croazia a boicottare i negozi per un giorno ha colto nel segno. L'adesione alla protesta contro il caroprezzi ha superato le più rosee aspettative. Il giro d'affari nei negozi si è quasi dimezzato. Da Zagabria a Fiume, da Spalato all'Istria i supermercati si sono ritrovati semideserti. Dai sindacati, all'opposizione, a diversi ministri, praticamente tutti hanno dato il loro sostegno all'iniziativa. Il premier Andrej Plenković ha dichiarato che il boicottaggio dei negozi "è un messaggio importante e articolato dei cittadini che verrà preso in considerazione quando il governo sarà chiamato ad adottare le misure per limitare per via amministrativa i prezzi di alcuni prodotti di prima necessità". L'opposizione ha colto l'occasione del boicottaggio dei negozi per lanciare strali contro l'esecutivo, considerato incapace di fronteggiare il caroprezzi. Bordate sono giunte innanzitutto da sinistra. Il leader socialdemocratico Siniša Hajdaš Dončić ha rilevato che il governo e il premier Andrej Plenković si sono arresi al'inflazione perché non sanno come affrontarla. Ma anche la destra ha cavalcato la protesta. Il presidente del Most Božo Petrov ha pure criticato il Governo per non aver fatto nulla per proteggere i cittadini dal caroprezzi, limitandosi a inviare loro il messaggio di arrangiarsi da soli. E molti, va sottolineato, già lo fanno da tempo. I cittadini delle zone di confine, a iniziare da quelli dell'Istria e di Fiume, sono soliti ormai a recarsi a fare lo shopping nei negozi oltrefrontiera, in Italia e Slovenia, dove i prezzi di molti generi alimentari e di altri prodotti di prima necessità sono più contenuti che in Croazia. Gli analisti croati rilevano che basti recarsi nei negozi a Trieste per risparmiare fino al 30% su molti prodotti.