Il Partito democratico autonomo serbo di Milorad Pupovac in questi giorni sta metaforicamente sfogliando la margherita.
L'amletico dubbio è restare nella coalizione di governo o andarsene, magari sbattendo la porta. Troppe polemiche ci sono state nelle settimane scorse, troppi gli incidenti in cui sono stati agitati gli spettri etnici del passato, perché si possa archiviare il tutto a cuor leggero.
Dall'opposizione di centrosinistra non sono mancate ultimamente pressioni su Pupovac perché decida una volta per tutte, perché decida con chi stare, ovvero se intenda davvero essere un alleato fedele del centrodestra, oppure rientri in quello che si crede sia il suo alveo naturale, la sinistra.
I socialdemocratici non sembra si facciano soverchie illusioni, in merito alla possibilità che la coalizione tra HDZ e SDSS venga posta a repentaglio dalle esternazioni del deputato della minoranza serba, che avrebbe definito la Croazia attuale un elemento di instabilità nella regione e l'avrebbe paragonata allo Stato indipendente croato di Ante Pavelić, della Seconda guerra mondiale. In questi casi, ovviamente sarebbe d'obbligo soppesare attentamente tutto, vagliare ogni virgola, come ha detto giustamente Zoran Milanović, contestualizzare certe parole, prima di fare processi alle intenzioni. Tanto più che molti politici ed editorialisti croati si sbizzarriscono a dissertare del passato, di ustascia e partigiani come si dice solitamente, a ogni piè sospinto. Però quando certe cose le dice, o sembra le abbia dette, il leader della Comunità serba tutto acquista improvvisamente un altro sapore. Certo è che ogni paragone tra la Croazia moderna e qualcosa che esisteva durante il secondo conflitto mondiale è palesemente assurdo.
Ciò non toglie che il clima nel Paese non sia sempre nei migliori e basti poco per attizzare il fuoco. Per tale motivo è chiaramente delicata anche la posizione dell'SDSS nella maggioranza, sempre con un piede dentro e l'altro fuori. D'altronde difficilmente potrebbe essere diversamente. Se quello che di fatto è il partito rappresentativo della minoranza serba si schierasse apertamente a sinistra verrebbe visto come una stampella delle forze ora all'opposizione: e giù strali di carattere etnico e ideologico. Se passasse armi e bagagli sull'altro versante, ciò potrebbe essere interpretato come un voltafaccia rispetto alle posizioni
classiche dell'antifascismo a cui gli uomini di punta della minoranza serba si sono sempre richiamati.
La permanenza dell'SDSS nella maggioranza, non soltanto in quella attuale, di fatto finora ha permesso a questo schieramento di presentarsi come un fattore costruttivo, di stabilità, di operare in maniera silenziosa e forse quindi più efficace per il miglioramento della posizione dei serbi, senza lanciare slogan o accuse contro chicchessia. Con il Semestre europeo alle porte non sarebbe certo un buon segnale se quest'alleanza, sofferta probabilmente per molti
esponenti dell'una e dell'altra parte, venisse meno. Tanto più che la Croazia continua a ripetere, giustamente, che l'allargamento dell'Unione verso l'Europa sudorientale è nel suo interesse nazionale. E le minoranze, si sa, sono un ponte tra gli Stati o dovrebbero esserlo.
Per tale motivo Pupovac e il suo partito sono condannati all'equilibrismo dialettico e politico, nell'interesse di tutti. Anche e soprattutto per far capire alla maggioranza che le minoranze, a partire da quella serba, sono parte integrante della società, un elemento costruttivo, con una dialettica e un pluralismo politico e sociale interni, che non ammette etichettature o schieramenti preconcetti.
Da parte sua il premier Andrej Plenković è tornato a definire l'alleanza di governo con le minoranze fondamentale per la società croata, perché sia tollerante e guardi al futuro. Insieme ieri, oggi e anche domani, se il centrodestra tornerà a vincere le elezioni, è stato il messaggio del premier, che ha lasciato intendere che il partenariato con le comunità nazionali resta valido a prescindere dai tentennamenti di qualche partito minoritario e da incidenti di percorso.
Dario Saftich (La Voce del Popolo)