Nel palazzo di famiglia, una delle più antiche di Capodistria, al civico numero 39 dell'odierna via Župančič, già via Carli, Gianrinaldo nacque l'11 aprile 1720.
E della cultura del Settecento il Carli fu figlio, fra tradizione erudita - dominante nella prima metà del secolo - e istanze illuministiche, maturate nell'Italia settentrionale e particolarmente nella Milano dei fratelli Verri e di Cesare Beccaria. Storico, archeologo con la passione dell'Istria, economista, letterato, professore di astronomia e di nautica all'università di Padova, poi al servizio dell'amministrazione asburgica in Lombardia dove ricopre un prestigioso incarico di natura economica e finanziaria, Gianrinaldo Carli fu personalità poliedrica, un intellettuale dalla straordinaria vastità di interessi. Frutto di questo eclettismo, e di una non comune sensibilità per le novità del suo tempo, sono le numerose opere a cui ha legato il suo nome. Tra queste la monumentale "Delle monete e dell'instituzione delle zecche d'Italia", un trattato letto e discusso nell'intera Europa e rimasto un classico nel suo genere. Ampia circolazione e molte traduzioni ebbero le sue "Lettere americane", un'indagine sull'antica civiltà precolombiana. E scritto celebre è l'articolo "Della patria degli italiani", pubblicato nel 1765 sulla rivista "Il caffè" e ripreso negli anni successivi, in virtù del quale l'istriano Carli è apparso, specialmente nel passato, un precursore del Risorgimento. "Dell'idea onde l'Italia ridivenne libera e una", come recita la targa collocata sulla casa natale che risale al 1920.
Il Carli visse quasi sempre lontano da Capodistria, tornandovi per un breve periodo, in cui impiantò fuori città un lanificio, impresa tuttavia destinata ad un rapido fallimento.
Morì a Milano nel 1795.
In anni recenti la comunità italiana di Capodistria gli ha intitolato una scuola, quella che fu un tempo il prestigioso ginnasio-liceo Carlo Combi.
Ornella Rossetto