A volte gli anniversari possono diventare occasione di un'autentica riscoperta. Così è stato per Bartolomeo Gianelli, pittore emerso solo di recente grazie agli studi dello storico dell'arte Edvilijo Gardina, che venticinque anni fa, nel centenario della morte, ne curò una bella mostra, affiancata da un'accurata monografia, frutto anche di ricerche condotte nell'archivio dell'Accademia delle Belle arti di Venezia, dove Gianelli, nato a Capodistria nel 1824 e morto nel 1894, ebbe la possibilità di studiare grazie ad un sussidio che gli era stato assegnato dal Municipio. L'esposizione realizzata dal Museo regionale, che possiede una cospicua raccolta di opere del pittore, vide la partecipazione della Comunità degli italiani di Capodistria, e fu arricchita da prestiti di alcune collezioni private triestine.
Pittore versatile, attivo nell'ambito dell'arte sacra (due sue grandi pale si trovano tuttora in duomo) come nella ritrattistica e nella pittura di paesaggio, in cui sembra anticipare i primi tentativi di una pittura impressionista, e magnifico marinista, Bartolomeo Gianelli è secondo Gardina "un pittore eccellente nel contesto della pittura veneziana dell'Ottocento", importante non solo "per la città ma per l'intera regione, la più bella del mondo, la nostra Istria".
Quello che la mostra del '94 mise in luce fu anche il grande amore di Gianelli per la sua piccola patria, di cui l'artista ritrasse scorci caratteristici, gente e costumi. "Nella storiografia veneziana - dice Gardina - abbiamo un grande cronista che si chiama Marin Sanudo. Noi abbiamo un cronista-pittore ed è Bartolomeo Gianelli".
Rivalutato, e già dimenticato. Non una via che oggi lo ricordi nello stradario cittadino, la tomba nel cimitero di San Canziano in uno stato deplorevole, e il canone pagato dal Consolato generale d'Italia. Commenta Edvilijo Gardina: "Il problema c'è ma non si vede. Una sfumatura di nazionalismo avverso a quel pittore che ha un cognome italiano si sente, lo si è sempre sentito. Gianelli non compare in una sola enciclopedia slovena. Quanto alla tomba, io penso che la tutela della memoria dei grandi personaggi storici sia la tutela della nostra coscienza. Se non facciamo un passo avanti, non solo ricordandocene, ma anche portando fisicamente un fiore o tagliando l'erba su una tomba, facciamo un sacrilegio, negando quello che dichiariamo in un'Europa di tanti valori".
Ornella Rossetto
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