Una delle curatrici è la storica, connazionale di Isola, Corinne Brenko
Fenomeni migratori in Europa nel corso del Novecento in una mostra, finanziata con fondi europei, che abbraccia un'ampia area geografica, dalla Slovenia alla Lituania, passando per Croazia, Polonia, Norvegia, Svezia e Danimarca. Un'esposizione, 'Identità in bilico' ('Identiteta na prepihu'), frutto del lavoro di un team internazionale, e con una cifra particolare, perché a costruire il racconto stavolta non sono i documenti, ma le testimonianze raccolte nei singoli Paesi coinvolti in merito ai processi migratori oggetto di indagine.
Storie di vita vissuta in prima persona o anche testimonianze di seconde e terze generazioni, per riuscire a capire quali sono gli aspetti che vengono tramandati di generazione in generazione e quali sono, anche, gli aspetti comuni. È quello che ci spiega Corinne Brenko, giovane storica isolana approdata al Museo di storia contemporanea di Lubiana. "I punti in comune di questi processi migratori, che differiscono per spazio geografico e contesto temporale in cui si collocano, vanno ricercati soprattutto nel mondo delle emozioni e del sentire: il modo di percepire i processi migratori, i processi di integrazione oppure di alienazione rispetto alle società riceventi, la ricerca della casa, del sentire la comunità, anche della propria identità individuale e collettiva".
Nella mostra, allestita all'aperto in modo da risultare più accessibile in tempo di pandemia, e corredata da una ricca parte online, c'è posto anche per l'esodo istriano, di cui si è occupato il Museo etnografico dell'Istria di Pisino. Collegata alla rassegna internazionale, una mostra nazionale ('Odjuga', ossia 'Dalsud') indaga invece le migrazioni dalle ex Repubbliche jugoslave In Slovenia dopo la seconda guerra mondiale.
"Per quanto riguarda la mia esperienza personale - aggiunge Corinne Brenko - si è trattato di un progetto davvero molto intenso, che mi ha portato a lavorare con più di 40 persone, 40 testimoni che ci hanno affidato le loro storie, molto intime e a volte molto sofferte". Un 'materiale' delicato da maneggiare, che ha suggerito un ripensamento delle metodologie classiche di allestire una mostra, "per adottare invece un approccio molto più partecipativo".