Foto:
Foto:

Secondo l'Unesco nel mondo si parlano 6000 lingue e il 70% della popolazione mondiale è bilingue o plurilingue, dunque non è il bilinguismo ma semmai il monolinguismo che rappresenta l'eccezione. Una seconda lingua, si sa, è una ricchezza per tante ragioni. Ma se il vantaggio culturale del possedere due o più lingue è fuori discussione, quello cognitivo è meno certo. O meglio, gli effetti positivi del biliguismo sul cervello, che sembrano assodati nei bambini (migliore capacità di concentrazione, e apprendimento più "agile", per esempio), lo sono molto meno nel caso degli adulti. Così è possibile che il bilinguismo quotidiano sia un fattore che stimola una plasticità cerebrale positiva, difendendoci dal deterioramento cognitivo dovuto all'età. Ma è un effetto piccolo, e a giudizio di alcuni studiosi non diverso da quello che può apportare un'attività come suonare il pianoforte.
Argomenti di cui si è parlato oggi all'Università di Capodistria in occasione di un primo appuntamento proposto dal dipartimento di Italianistica nell'ambito delle Giornate degli studi umanistici, relatrice la professoressa Susanna Pertot, esperta di bilinguismo e docente di Psicolinguilinguistica dell'ateneo.
Quest'anno le Giornate, dedicate in primo luogo agli studenti ma aperte anche al pubblico interessato, traggono ispirazione dall'Anno europeo del patrimonio culturale e il dipartimento - spiega la direttrice, Nives Zudič Antonič - ha scelto di focalizzarsi su alcune tematiche legate all'identità del territorio. Dopo i vantaggi del bilinguismo, mercoledì la parola al traduttore, e venerdì omaggio a due grandi personaggi della frontiera, lo scrittore Fulvio Tomizza e il senatore Darko Bratina, ritratti nel documentario "ET(h)NOS Anche noi Tudi mi". Un dialogo a distanza su confini e convivenza. Un film, sottolinea la docente, "che tutti i giovani devono vedere perché è molto, molto profondo; soprattutto per la nostra realtà".