"L'antiquo valore ne l'italici cor non è ancor morto", ha scritto Petrarca nella canzone "Italia mia". E prima di lui Dante si doleva "de la terra prava italica".
Italici erano i popoli stanziati nell'Italia antica, quelli che man mano entreranno a far parte della repubblica e poi dell'impero romano, contribuendo a costruirne la grandezza.
Questa idea di inclusione ritorna nel concetto di "italicità" lanciato alcuni anni fa da Piero Bassetti, presidente dell'associazione Globus et Locus, che ha ripreso il termine per indicare quella amplissima comunità costituita dalle persone che nel mondo si ritrovano intorno a dei gusti, a una sensibilità, a uno stile di vita italiano. Una comunità che comprende almeno 250 milioni di persone, cittadini italiani dentro e fuori la Penisola, ma anche ticinesi, istriani e dalmati, discendenti dei milioni di italiani emigrati, italofoni e italofili.
Sposa questa visione di "italicità", che va oltre l'italianità, il prof. Fabio Finotti, docente di Letteratura italiana all'Università di Trieste. "Proprio in questi giorni abbiamo visto che il campionato mondiale della pasta è stato vinto se non sbaglio da un giapponese, non da un italiano, con delle penne al gorgonzola. Italicità si lega a questa idea: che esiste nel mondo una cultura e anzi una civiltà italiana che non è promossa e prodotta solo da italiani ma comprende un grandissimo numero di persone che si sentono legate all'Italia da vincoli culturali, da diversi linguaggi - non solo l'italiano ma il linguaggio del cibo, della moda, della musica e via dicendo - e che non si limitano ad accogliere la cultura e la civiltà italiana ma in parte la producono. Da questo punto di vista la civiltà italiana è una delle più diffuse nel mondo, costituisce una comunità importantissima sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista economico. E credo che lo spostamento all'interno del Ministero degli Esteri della parte legata al Commercio estero voluta dal nuovo governo abbia anche questo senso, di coniugare la dimensione culturale e civile a quella economica".
Ornella Rossetto