Ogni lingua ha valore. Perché in ogni lingua, anche la più piccola e meno diffusa, è racchiusa l'identità di un popolo, la memoria dell'esperienza che una comunità ha fatto del suo vivere nel mondo, sono racchiusi saperi e tradizioni. Eppure la diversità linguistica è sempre più minacciata. Colpa della globalizzazione e della tendenza all'uso di poche lingue di grande diffusione. Dei 6000 idiomi parlati sul pianeta più della metà, secondo l'Unesco, potrebbe sparire entro la fine del secolo. Anche perché il 96% della popolazione mondiale parla un esiguo numero di lingue forti (al primo posto ci sono il cinese e l'inglese e poi hindi e spagnolo) mentre il compito di tramandare tutte le altre- che sono prevalentemente di uso locale - spetta ad un ridottissimo 4 %.
L'estinzione linguistica non è un fenomeno nuovo. Basti pensare alla lingua degli antichi Egizi, alla scomparsa del latino o dell'etrusco. Però è tipica dei nostri giorni la rapidità con cui tali estinzioni avvengono, con la conseguente perdita di tantissime culture. E contro la desertificazione linguistico-culturale mondiale, sostiene l'Unesco, è urgente agire. Sviluppando politiche linguistiche che consentano ad ogni comunità di usare la propria lingua materna il più ampiamente possibile, e incoraggiando il possesso di più lingue da parte di tutti, perché solo se si accetta pienamente il plurilinguismo tutte le lingue possono trovare il loro spazio. E magari rifiorire, come sta accadendo oggi grazie allo sforzo fatto dalle istituzioni - segnala ancora l'organizzazione delle Nazioni Unite - nel caso della lingua maori in Nuova Zelanda o del sami nel Nord Europa.
E il nostro italiano? Che ne è oggi in Istria, settant'anni dopo la frattura dell'esodo, del nostro idioma? Vaso di coccio tra due vasi di ferro, resiste bene o male all'assimilazione, ma ha molto bisogno di essere sostenuto. Attraverso una più efficace applicazione delle norme sul bilinguismo, e se possibile con un uso più consapevole e quotidiano da parte dei suoi parlanti. Sarà indubbiamente faticoso, ma dobbiamo provarci.
Ornella Rossetto