Quando ci lascia uno scrittore, può consolarci il pensiero che ci restano i suoi libri, le sue parole. L'ultimo romanzo firmato da Pino Roveredo, "I ragazzi di via Pascoli", è dedicato ai lettori più giovani e reinventa la storia dello stesso autore, figlio di genitori sordomuti, cresciuto in una casa umile, dove, insieme all'affetto, regnavano il silenzio e il linguaggio dei segni.
Un'infanzia difficile, la sua, trascorsa in collegio, a cui erano seguiti l'alcolismo, il carcere e poi il manicomio. In quell'esperienza aveva messo radici "Capriole in salita", il libro che negli anni Novanta ha fatto conoscere Pino Roveredo al grande pubblico. Ma tutta la sua opera, in fondo, è una sorta di autobiografia. Come in "Mandami a dire", con cui nel 2005 vinse il Premio Campiello, che all'indomani della sua morte lo ha ricordato "oltre che per la sua penna ispirata, per la caratura morale, l'impegno sociale e letterario nei confronti degli ultimi". Già, perché lui, che aveva trovato nella scrittura uno strumento di riscatto, ed era diventato popolare - come diceva - raccontando il suo "lato peggiore", al mondo dei marginali aveva prestato non solo la sua voce ma anche l'opera solidale e concreta di volontario, operatore di strada, educatore e di garante dei diritti dei detenuti. Infine si era cimentato anche in politica candidandosi nel 2021 a consigliere comunale di Trieste con una lista civica.
Oltre a diversi romanzi e racconti, Pino Roveredo ha scritto molto per il teatro, e molti sono stati gli adattamenti per il palcoscenico che hanno avuto i suoi libri. Fra i tanti, "Mio padre votava Berlinguer" andato in scena al Teatro Miela, che per il 2023 aveva già programmato una trilogia dello scrittore. Non ce n'è stato il tempo.
I funerali di Pino Roveredo si svolgeranno sabato 28 gennaio al cimitero triestino di Sant'Anna, alle 12.