Il Festival Vilenica, annuale incontro dei poeti, scrittori e saggisti dei Paesi del Centro Europa, organizzato dall'Associazione degli scrittori della Slovenia, ha svolto nell'arco di cinque giornate di eventi e incontri all'insegna del motto “Paura e coraggio” una approfondita riflessione sullo stato delle cose nel campo delle letterature del Centro Europa e oltre. Tra i partecipanti intellettuali, scrittori, poeti, sociologi, saggisti, lettori e sostenitori della letteratura e dei buoni propositi. Il Festival letterario Vilenica è il più longevo tra quelli dedicati nel nostro Paese alla scrittura. Il debutto lo scorso mercoledì alla casa della cultura Kosovelov dom di Sesana con la partecipazione dei primi cinque ospiti del Festival. Tra i momenti più alti della manifestazione l'incontro a Capodistria con il poeta Milan Dekleva, a cui quest'anno è dedicato il Focus. Nato nel 1946 Dekleva è considerato tra gli autori sloveni più innovativi e originali degli ultimi decenni. L'aspetto itinerante del festival ha coinvolto quest'anno, oltre a Sesana e Capodistria, anche Trieste, Hrastnik e Lubiana, dove sono state svolte serate letterarie, tavole rotonde in presenza e virtuali sulla traduzione, l'editoria, le limitazioni imposte dalla pandemia. Un'attenzione particolare viene dedicata da questa edizione alla letteratura del Portogallo. E sarà l'Austria, quest'anno, a ricevere il Premio letterario internazionale Vilenica che verrà consegnato questa sera allo scrittore Josef Winkler, un premio attribuito in passato ad autori come Fulvio Tomizza, Milan Kundera o Claudio Magris. Winkler, classe 1953, ha al suo attivo una vasta produzione narrativa per la quale ha ricevuto fra gli altri il Gran premio d'Austria e il Georg Büchner, il più importante premio letterario tedesco. Appartiene a una generazione che si è ribellata ai propri genitori, sostenitori del nazismo. Al centro dei suoi romanzi l’omosessualità, l'universo contadino e patriarcale della nativa Carinzia, il cattolicesimo enfatico e repressivo, i fantasmi del nazismo, l’ineluttabilità della morte.
Miro Dellore