Un tempo il caso di autori che hanno cambiato città e Paese, lasciandosi alle spalle continenti e civiltà, e sono riusciti a vedere il mondo dalla finestra di un'altra lingua, o al contrario, hanno trapiantato la loro lingua in un'altra terra, poteva rappresentare un'eccezione, ma ora le dinamiche della globalizzazione hanno reso il fenomeno frequente e generalizzato. Anche in Italia sono tanti ormai gli scrittori che hanno una diversa origine geografica e culturale ma hanno adottato l'italiano come lingua letteraria, spesso con esiti notevolissimi. L'ungherese Edith Bruck, una delle ultime testimoni della Shoah, che ha scritto tutti suoi libri in lingua italiana, ha vinto nel 2021 il Premio Viareggio. In quello stesso anno Igiaba Scego, nata a Roma da genitori somali, ha ricevuto il Premio Matilde Serao; mentre nel 2018 allo Strega ha trionfato Helena Janeczek, figlia di ebrei polacchi deportati. E l'italiano è diventato la lingua del cuore anche di una grande autrice internazionale come l'indoamericana Jhumpa Lahiri. Da qui il nuovo progetto della Società Dante Alighieri: la Consulta degli scrittori stranieri, un programma culturale messo a punto - come ha anticipato il Corriere della Sera - durante l'assemblea generale dei soci che a fine marzo, a Roma, ha riconfermato Andrea Riccardi alla presidenza della storica istituzione. Proprio il professor Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio ed ex ministro - scrive sempre il Corriere - , ha ideato l'iniziativa, che promuoverà incontri, presentazioni di libri, e a fine settembre un importante evento incentrato sul tema dell'italiano come lingua di libertà e veicolo culturale di pace.
A presiedere la Consulta sarà significativamente Edith Bruck, vicepresidente della Dante Alighieri e scrittrice per la quale vivere in Italia e imparare l'italiano ha significato - come lei stessa ha più volte dichiarato - la possibilità di rinascere, di allontanarsi dall'orrore che ha vissuto, attraverso una lingua acquisita, da lei molto amata, che le dà voce e rifugio.