Ursula von der Leyen. Foto: Reuters
Ursula von der Leyen. Foto: Reuters

Mercoledì mattina il Parlamento Europeo ha approvato la nuova Commissione Europea, l’organo esecutivo dell’Unione, formato dalla presidente Ursula von der Leyen e da 26 commissari, in rappresentanza di tutti i paesi membri: ha ricevuto 370 voti favorevoli su 688 (gliene servivano la metà più uno), con 36 astenuti e 282 voti contrari. Molti gruppi parlamentari si sono però divisi internamente sul voto, sia a destra che a sinistra.
I margini di incertezza sono stati insoliti per gli standard della politica europea, rendendo la seconda Commissione von der Leyen come quella approvata con la maggioranza più ridotta di sempre. Nel 2019, la prima commissione von der Leyen aveva ricevuto 401 voti, una trentina in più di quelli ricevuti dalla seconda.
Il problema è stato rappresentato dalle vicepresidenze esecutive proposte per la spagnola Teresa Ribera, dei Socialisti, e per l’italiano Raffaele Fitto, di Fratelli d’Italia, che fa parte del gruppo europeo dei Conservatori e Riformisti, e non rientra fra coloro che tradizionalmente formano la maggioranza centrista in parlamento.
Questo ingresso ha fatto esplodere le tensioni latenti nella ‘maggioranza Ursula’ da quando il voto popolare nelle elezioni europee ha penalizzato i Liberali e i Verdi, riducendone il peso. Gli ambientalisti, anche se non hanno mai fatto parte formalmente della maggioranza, da quando von der Leyen ha lanciato il "Green Deal" sono entrati in quell’orbita, tanto che la presidente ha detto espressamente, qualche giorno fa, di considerarli parte integrante della sua maggioranza. Ma gli equilibri politici sono cambiati: oggi è impossibile una maggioranza senza i Popolari, che a loro volta possono dar vita a una ipotetica maggioranza di centrodestra insieme ai tre gruppi alla sua destra.

Valerio Fabbri