Gli insegnanti ungheresi minacciano dimissioni di massa per protestare contro la riorganizzazione del settore scolastico voluta dal presidente Viktor Orbán. Votata da un'ampia maggioranza dei deputati, la legge che modifica lo status dei docenti, aumentando il loro carico di lavoro, allungando l'anno scolastico, introducendo al tempo stesso criteri di valutazione del rendimento più severi. Gli educatori, inoltre, potranno essere trasferiti in base a criteri non trasparenti.
Di fatto questa legge priva gli insegnanti delle tutele concesse ai dipendenti pubblici e riduce la loro autonomia, già messa fortemente in discussione da passati interventi del governo. A niente, inoltre, sembrano essere servite le proteste che studenti e docenti stanno portando avanti da più di un anno per ottenere l'aumento degli stipendi che, nonostante l'inflazione record, si aggirano tra i 170.000 fiorini (455 euro) e 396.000 fiorini (circa 1.000 euro) al mese. Il governo garantisce che ci sarà almeno una crescita delle retribuzioni; ma in realtà è risaputo che queste sono collegate alla ricezione dei fondi dell'Unione europea, che risultano attualmente bloccati poiché l'Ungheria per ora non ha ancora fatto tutti i passi necessari nella lotta alla corruzione e nel ripristino dello stato di diritto richiesti dagli organismi europei.
Il governo, inoltre, assicura che gli insegnanti verranno trasferiti solo in "casi straordinari"; cosa alla quale sembrano credere in pochi tanto che il sindacato della scuola ha giù ribattezzato la legge, "legge vendetta". Per loro si tratta, infatti, dell’ennesima mossa autoritaria di Orbàn, volta a zittire qualunque voce critica nel paese.
Barbara Costamagna