È stata un’edizione particolare quella della 78 esimo anniversario della Liberazione a Trieste. La ricorrenza del 25 aprile quest’anno era stata preceduta da polemiche e tensioni, per alcune dichiarazioni di esponenti del governo di centro destra, e anche per il fatto che è stata la prima ad essere celebrata con un governo guidato da una premier che si rifà apertamente alla tradizione della destra italiana.
Anche per questo, oltre che a causa della pioggia, la disposizione di pubblico e autorità era stata cambiata dal Comune e dalla Questura all’interno della Risiera di San Sabba, dove si celebra ogni anno la ricorrenza nel capoluogo giuliano.
Il traffico veicolare all’esterno è stato deviato, la sicurezza è stata rafforzata a un livello mai visto negli anni passati, gli accessi sono stati limitati a 600 persone, e anche il pubblico all’interno è stato tenuto a distanza e bloccato da cordoni. Bloccati anche gli accessi all’adiacente museo della Shoah e alla sala delle commemorazioni.
Una situazione che ha creato non pochi
disagi, e anche qualche protesta all’interno della Risiera, tanto da far aumentare la tensione e a spingere le forze dell’ordine a riaprire gli ingressi, senza però riuscire né a gestire meglio l’evento, né a calmare gli animi dei presenti. Con l’eccezione delle edizioni negli anni del Covid, è la prima volta che viene limitato l’ingresso alla Risiera e che vengono mobilitate forze di polizia in massa per controllare la manifestazione. Una situazione che ha creato prese di posizione critiche anche da parte dell’Anpi e della Cgil.
In questo clima, e sotto la pioggia scesa a tratti, si è svolta la cerimonia con la deposizione delle corone e gli interventi delle autorità: fra gli altri il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza, ha sottolineato come di fronte alla barbarie del nazifascismo non si possa mai parlare di cose buone” e come il 25 aprile sia “una festa che unisce tutto il paese per la difesa dei valori democratici” conquistati con la Resistenza.
La sindaco di Monrupino, Tanja Kosmina, ha ricordato come occorra “continuare a lottare ogni giorno contro ogni forma di violenza e sopraffazione”, e non dimenticare mai i valori difesi nel passato. “La situazione attuale, - ha aggiunto – ci spinge a essere sempre più attenti”.
Ancor più esplicito il vicepresidente nazionale dell’Associazione nazionale partigiani, Emilio Ricci, che ha parlato di una “deriva neofascista”: essere antifascisti oggi, ha aggiunto al termine di un intervento molto applaudito, “significa difendere la Costituzione nei suoi principi fondamentali, e trasmettere questi valori alle giovani generazioni”.
A margine della cerimonia anche il presidente della regione, Massimiliano Fedriga, ha ricordato come “il 25 aprile sia una manifestazione che appartiene al Paese tutto, non ad alcuni cittadini di più e ad altri di meno”. Riguardo alle polemiche, il governatore ha rimarcato come sia “fondamentale corroborare lo spirito unitario, evitando di alimentare contrapposizioni e un clima che delle volte è sfociato in atti oggettivamente inaccettabili: penso - ha concluso -, ad esempio, alle contestazioni alla Brigata ebraica a cui si è assistito per diversi anni”.
La cerimonia è stata chiusa come di consueto dai riti religiosi, cattolico, ebraico, greco-ortodosso, serbo-ortodosso, e luterano e da un concerto del coro partigiano triestino “Pinko Tomažič”. Alla cerimonia, accanto alle autorità locali, erano presenti i rappresentanti e i labari di Associazioni Combattentistiche e d’Arma, deportati, Sindacati e anche la bandiera della Brigata Ebraica che, inquadrata nella Ottava Armata dell'Esercito Britannico, contribuì alla liberazione d'Italia.
Al termine una delegazione dell’Amministrazione comunale di Trieste è partita dalla Risiera di San Sabba per andare a deporre corone d’alloro sui luoghi della memoria dei Caduti della Resistenza: il monumento ai Caduti in via dell’Istria, il cippo della Resistenza nel Parco della Rimembranza, la lapide ai Caduti antinazisti del ‘44 in via Massimo D’Azeglio, e il cippo che commemora 71 fucilati condannati dal tribunale speciale al Poligono di Villa Opicina.
In Friuli Venezia Giulia si sono tenute manifestazioni anche a Udine, Gorizia, e Pordenone.
Sempre in occasione del 25 aprile si registra anche un intervento di Renzo Codarin, presidente dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, che ricorda in una nota come la comunità dell’esodo giuliano-dalmata “viva in maniera complessa la ricorrenza del 25 Aprile”. “In quanto festa nazionale che ricorda la fine della dittatura ed il primo passo verso una completa democrazia, si tratta di un momento sicuramente sentito e vissuto con emozione”, ma ha aggiunto, “a Fiume e a Zara la fine dell’occupazione straniera non segnò il ritorno della libertà, bensì l’inizio di una nuova occupazione di stampo nazionalcomunista”.
“L’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – continua Codarin - si riconosce in quei valori che il 25 Aprile intende celebrare, ma proprio per questo non può rinunciare alla verità. Il 25 Aprile non celebra una vittoria, poiché le mutilazioni territoriali sancite il 10 febbraio 1947 e la catastrofe dell’esodo adriatico dimostrano che l’Italia fu considerata alla stregua di un perdente, bensì la riconquista della libertà, ma allora – conclude - è necessario specificare che quella libertà non arrivò per tutti gli italiani e che ci furono partigiani che combatterono per instaurare una nuova dittatura liberticida di ispirazione comunista”.
Alessandro Martegani