Le indagini si erano chiuse nel 2009, con un nulla di fatto dopo una controversia legale su una prova a carico dell’unico sospettato, l’ingegner Elvo Zornitta, ma ora, a 14 anni di distanza, pare che la procura di Trieste voglia rimettere mano al caso.
Il volto di Unabomber, l’ignoto attentatore che dal 1993 al 2006 ha disseminato il triveneto di ordigni tanto rudimentali quanto micidiali, ferendo gravemente ignari e incolpevoli cittadini, alcuni anche in tenera età, è sempre rimasto un mistero.
Nel corso delle indagini una serie d’indizi aveva portato fino all’ingegnere di Azzano Decimo, ma il procedimento era stato archiviato in seguito all’alterazione di una prova ritenuta schiacciante: la compatibilità tra le lame di un paio di forbici sequestrate e i tagli su un lamierino utilizzato in un ordigno rinvenuto nella chiesa di Sant'Agnese a Portogruaro. Nel corso egli esami di laboratorio però un tecnico, aveva tagliato una striscia del lamierino con le stesse forbici, compromettendo quindi la prova e portando all’archiviazione.
Per quei fatti fu condannato un poliziotto, accusato di aver alterato la prova per incastrare Zornitta, a cui nel 2014 fu versato un risarcimento di 300 mila euro da parte dello Stato.
Ora tutto potrebbe ricominciare: in settimana infatti il Procuratore capo di Trieste, Antonio De Nicolo ha riaperto il caso, cominciando a riesaminare le buste con i reperti e i documenti d’indagine e ha iscritto nel registro degli indagati undici persone, tutte, tranne una, già indagate in passato, anche se al momento su nessuna “sono stati acquisiti elementi tali da consentire di convogliare le investigazioni in una precisa direzione”.
Il Pm Federico Frezza ha anche chiesto un’indagine genetica su alcuni reperti sequestrati nell'ambito delle indagini. L'inchiesta era stata riaperta dopo un’istanza del giornalista Marco Maisano, giornalista, e da due donne vittime di Unabomber, Francesca Girardi e Greta Momesso.
Fra gli indagati non ci sarebbe lo stesso Zornitta, che si è augurato che possa esser scoperto il reale colpevole, sottolineando come l’indagine gli abbia rovinato la vita e confermando di essere a disposizione per aiutare gli inquirenti.
Alessandro Martegani